BELLVM PVNICUM SECVNDVM Lacus Trasumennus
Livio lingua latina per se illustrata
Inizio: Hannibal, per continuas vigilias in paludibus oculo amisso, in Etruriam venit. ... fine: pro urbe dimicandum exxe ac Penatibus, quando Italia tueri nequissent.
[...] Lasciatosi cadere un occhio a causa delle continue guardie (di sentinella) nelle paludi, Annibale giunse in Etruria.
Il console Caio Flaminio, uomo temerario, partito contro gli auspici, caduto in un tranello da parte di Annibale presso il lago Trasimeno fu fatto a pezzi con l'esercito. [...] Annibale saccheggia totalmente con ogni strage della guerra il territorio che è tra la città di Cortona e il lago Trasimeno. E ormai erano pervenuti a luoghi adatti per le insidie, dove specialmente il Trasimeno arriva sotto i monti di Cortona. c'è in mezzo solo un passaggio molto ristretto, poi si apre una pianura poco più larga, quindi si innalzano i colli. Qui pone gli accampamenti in luogo aperto, dove egli stesso si ferma solo con gli Africani e gli Ispanici; fa girare oltre i monti i soldati delle Baleari e quelli armati alla leggera; sistema i cavalieri alle imboccature stesse della gola, dove le alture li proteggevano, in modo che, se i Romani avessero attaccato, posta innanzi la cavalleria, tutti gli altri varchi fossero serrati dal lago e dai monti. Flaminio, dopo essere arrivato sul lago il giorno prima al tramonto del sole, senza avere fatto un'esplorazione, il giorno successivo, dopo aver oltrepassato le strettoie quando c'era appena un poco di luce, dopo che l'esercito iniziò ad allargarsi nella pianura più aperta, vide quel tanto di truppe nemiche che gli era di fronte: gli sfuggirono (però) i tranelli (fatti) da dietro e da sopra. Il Cartaginese, una volta che ebbe serrato il nemico con il lago e i monti e lo ebbe circondato con le sue truppe, a tutti da il segnale per attaccare simultaneamente. E quando questi si tuffarono, la cosa per i Romani fu tanto più istantanea ed improvvisa, poiché una nebbia alzatasi dal lago ristagnava più fitta sulla pianura che sui monti. Il Romano comprese dal clamore alzatosi da ogni parte di essere stato circondato, e si cominciò a combattere in modo frontale e sui lati prima che l'esercito fosse schierato in ordine di battaglia o che le armi potessero essere preparate o le spade impugnate. Il console, egli stesso sufficientemente intrepido mentre tutti erano atterriti, mette in ordine i ranghi scomposti, per quanto il tempo e il luogo consentivano (lett. consentono), e in qualsiasi parte possa andare e farsi udire, incoraggia e ordina di preservare la (propria) posizione e di combattere. Del resto, a causa del clamore e del pandemonio non poteva essere udito alcun consiglio o comando. Infine, poiché dai lati i monti e il lago, da fronte e da dietro l'esercito nemico li circondava, e fu evidente che non c' era alcuna speranza di salvezza se non nella mano destra e nella spada, allora ognuno diventò un comandante ed un esortatore di se stesso quanto all'atteggiamento da mantenere, ed una nuova battaglia ricominciò nuovamente. E tanto grande fu l'ardore degli animi, a tal punto la mente intenta alla battaglia che alcuno dei combattenti udì quel terremoto che mise in ginocchio grandi parti di molte città d'Italia e deviò il corso dei rapidi fiumi!
Si combatté per circa 3 ore e instancabilmente da tutte le parti. Tuttavia, intorno al console la battaglia era più feroce e accanita. Il miglior (numero) di uomini lo seguiva e in qualsiasi parte si accorgesse che i suoi uomini erano pressati ed in pericolo, si adoperava in modo instancabile. e lui, identificabile per le armi, e i nemici assalivano con forza, e i suoi concittadini lo difendevano fino a che un cavaliere Insubre, individuando il console anche dal viso, disse ai suoi compatrioti: "è lui che ha distrutto le nostre legioni e che ha depredato i campi e la città! Ora io sacrificherò questa vittima ai Mani dei compatrioti miseramente morti!" e incitato il cavallo, corre all'attacco attraverso una foltissima schiera di nemici e colpì il console con la lancia! Dopo per prima cosa iniziò la fuga di una grande parte (di loro) e ormai né il lago né i monti erano di ostacolo al terrore: fuggono come ciechi ovunque, sia le armi sia gli uomini crollanol'uno sull'altro. Una gran parte, mancando un luogo dove fuggire, inoltratisi nell'acqua, o venivano inghiottiti dai gorghi o venivano trucidati da ogni parte dai cavalieri nemici entrati in acqua. Questa è la famosa battaglia presso il Trasimeno e tra le poche, memorabile disfatta del popolo romano. 15 mila Romani furono trucidati sul campo di battaglia, 10 mila, per strade diverse arrivarono a Roma dopo essere fuggiti sparsi per tutta l'Etruria. 2. 500 nemici perirono sul campo, molti successivamente per le ferite (riportate). A Roma alla prima notizia di quella strage ci fu un accorrere del popolo nel foro con enorme timore e tumulto. Le matrone, errando per le strade, chiedevano (chiedono) a quelli che incontravano quale fosse la strage imprevista che veniva riferita e quale la sorte dell'esercito E poiché la folla, come per un'affollata riunione, si dirigeva verso il Comizio o la Curia chiamando i magistrati, infine, non molto prima del tramonto del sole, il pretore M. Pomponio disse: " Siamo stati sconfitti in una grande battaglia. " E, sebbene non si fosse sentito da lui niente di più preciso, tuttavia tornano alle case dopo essersi riempiti uno con l'altro di dicerie : ' che il console era stato massacrato con gran parte delle truppe; pochi erano i sopravvissuti, o sparsi qua e là in fuga attraverso l'Etruria, o catturati dal nemico.
Quanti erano stati i casi dell'esercito sconfitto, in altrettante angosce erano impegnati gli animi di coloro i cui familiari avevano militato sotto il console Caio Flaminio, dato che non sapevano quale fosse la sorte di ognuno dei loro cari; e nessuno sa con certezza se sperare o temere. Il giorno successivo e poi per altri giorni un maggior numero, quasi, di donne che di uomini stazionò presso le porte, aspettando qualcuno dei propri familiari o loro notizie; e circondavano quelli che arrivavano, interrogandoli, e non potevano essere distolte se prima non avessero chiesto ogni cosa in ordine. Poi potevi vedere le diverse espressioni di quelli che si allontanavano dai messaggeri, a seconda che a ciascuno venissero annunziate cose liete o tristi, e circondanti quelle che tornavano a casa o per congratularsi o per consolarle. Soprattutto evidenti erano e le gioie e i dolori delle donne. Raccontano che una donna, sulla stessa porta, incontrandosi improvvisamente con il figlio sano e salvo, sia morta tra le sue braccia; un'altra, alla quale era stata erroneamente comunicata la morte del figlio, che sedeva triste in casa, alla prima vista del figlio che tornava, sia morta per la troppa gioia. Prima che le decisioni fossero state in qualche modo stabilite, giunge notizia di un'altra improvvisa sciagura: quattromila cavalieri, con il propretore Caio Centenio, mandati al collega dal console Servilio, erano stato circondati da Annibale in Umbria. Perciò il popolo nominò dittatore Quinto Fabio Massimo e comandante della cavalleria Marco Minucio Rufo, e ad fu dato incarico dal senato di rafforzare le mura e le torri della città, e disporre presidi nei luoghi che ritenessero opportuni, e tagliassero i ponti dei fiumi: si doveva combattere per Roma, dato che non avevano potuto difendere l'Italia.