Cum Antigonus Eumenem in custodiam dedisset cumque praefectus custodum ab Antigono ...
Poiché Antigono aveva fatto mettere sotto custodia Eumene, e poiché il comandante delle guardie aveva chiesto ad Antigono in che modo voleva si sorvegliasse, egli disse:
"Come un fortissimo leone o il più feroce degli elefanti"; infatti non aveva ancora deciso se mantenerlo in vita o no. Inoltre si recavano da Eumene entrambi i generi di uomini, sia coloro che, a causa dell'odio, volevano godere della sua sventura, sia coloro che, per un'antica amicizia, desideravano parlare e confortarlo e molti anche, che desideravano conoscere il suo aspetto, e come fosse fatto quello che per tanto a lungo e tanto fortemente avevano temuto e nella cui rovina avevano riposto la speranza della vittoria.
Ma Eumene, poiché si trovava da troppo tempo in prigione, disse a Onomarco, al quale spettava il comando supremo della prigione, di meravigliarsi per il fatto che ormai al terzo giorno fosse tenuto in quel modo: che infatti ciò non si addiceva all'assennatezza di Antigono, il fatto che si maltrattasse un vinto in quel modo; preferiva essere ucciso o diventare libero. Disse Onomarco "Come? Se tu eri di codesto animo, perché non preferisti cadere in battaglia, piuttosto che cadere nelle mani del nemico?". A questo (rispose) Eumene: "Avrei voluto senz'altro che ciò fosse accaduto!
Ma così non accadde, perché non mi sono mai scontrato con qualcuno più valoroso di me; infatti con nessuno io mi scontrai in armi, che non abbia ceduto di fronte a me! Infatti sono caduto in rovina non per il valore dei nemici, ma per la perfidia degli amici!".