Marcus Tullius Cicero adulescens Rociano iudicio ...
Da giovane Marco Tullio Cicerone, con il processo a Roscio, dimostrò la sua eloquenza e il suo spirito di libertà nei confronti dei Sillani, e, temendo una ritorsione per quella cosa, si recò, per (compiere) gli studi, ad Atene, dove ascoltò diligentemente il filosofo dell'accademia Antioco.
Da lì, per (coltivare) l'eloquenza, si recò in Asia e poi a Rodi, dove ebbe come maestro il Greco Molone, retore all'epoca eloquentissimo, il quale si dice che pianse per il fatto che la Grecia venisse privata del primato dell'eloquenza da costui (da Cicerone). Da questore governò la Sicilia. Da edile condannò per appropriazione indebita Caio Verre. Da pretore liberò la Cilicia dai furti. Da console punì con la pena capitale i cospiratori.
Poi, a causa dell'ostilità di P. Clodio, e su istigazione di Cesare e di Pompeo, che aveva colpito, sospettandoli di assolutismo, con la medesima libertà di parola, con la quale un tempo aveva colpito i Sillani, fu mandato in esilio, dopo che erano stati corrotti i consoli Pisone e Gabinio, i quali avevano ricevuto le province di Macedonia e d'Asia come ricompensa per la cacciata di costui. Poi, proteggendolo Pompeo in persona, ritornò e lo seguì nella guerra civile. Dopo che questo venne sconfitto, ottenne spontaneamente il perdono da Cesare; quando anche questo venne ucciso, appoggiò Augusto e giudicò Antonio nemico dello Stato; e quando Lepido, Ottaviano e Antonio formarono il triumvirato (lett. si fecero triumviri), sembrò che la concordia tra loro non poteva essere raggiunta in alcun modo, se non veniva ucciso Cicerone.
Dopo che gli furono mandati dei sicari da Antonio mentre per caso si riposava a Formia, apprese dalla rivelazione di un corvo che la fine era vicina, e venne ucciso mentre fuggiva. La testa fu portata ad Antonio.