Quibus rebus perterritis animis adversariorum Caesar ne semper magno circuitu ...
Mentre gli animi degli avversari erano terrorizzati da questi fatti, Cesare, al fine di non dover sempre far passare la cavalleria attraverso il ponte con un giro largo, dopo aver trovato un luogo idoneo, decise di scavare numerosi fossati larghi trenta piedi, per mezzo dei quali deviare una certa parte del fiume Sicori e creare un guado su questo fiume. Dopo che li ebbe quasi terminati, Afranio e Petreio piombano nel grande timore di essere completamente tagliati fuori dalle vettovaglie e dai foraggiamenti, poiché Cesare era molto forte quanto a cavalleria. Così decidono di abbandonare quei luoghi e trasferire la guerra nella Celtiberia.
Questa decisione era favorita anche da una riflessione, il fatto che delle due fazioni opposte, che nella guerra precedente erano state insieme a Q. Sertorio, le popolazioni che erano state sconfitte temevano il nome e il potere di Pompeo, sebbene non fosse presente, mentre quelle che erano rimaste nell'alleanza, onorate di grandi concessioni, lo amavano; il nome di Cesare invece, tra i popoli barbari, era assai poco conosciuto. Qui si aspettavano grandi cavallerie e grandi truppe ausiliarie e, nelle loro terre, meditavano di protrarre la guerra fino all'inverno.
Dopo aver preso questa decisione, ordinano che siano raccolte navi lungo tutto il corso del fiume Ebro e che siano portate a Octogesa. Questa era una città situata sull'Ebro e distava venti miglia dall'accampamento. Presso quel luogo, ordinano che, con le navi congiunte tra loro, sia costruito un ponte e portano due legioni al di là del fiume Sicori, quindi fortificano l'accampamento con una trincea di dodici piedi.