Pyrrhus, Epiri rex, etiamsi Romanas legiones bis profligavisset, cum tamen Romanorum opes vereretur, existimans sibi utile ac gloriosum fore pacem societatemque cum populo Romano facere, Romam ...

Pirro, il re dell'Epiro, sebbene avesse sconfitto per due volte le legioni Romane, poiché tuttavia temeva le risorse dei Romani, ritenendo che sarebbe stata una cosa vantaggiosa e gloriosa per sé stipulare una pace ed un'alleanza con il popolo Romano, inviò a Roma un ambasciatore, affinché chiedesse al senato un pace ad eque condizioni. E così giunse a Roma l'ambasciatore di Pirro, di nome Cinea, il quale, prima di essere ammesso in senato, si recò presso i senatori con grossi doni, ma raccontano che egli non fu accolto in nessun luogo e che i suoi doni preziosi vennero ricusati non soltanto dagli uomini, ma anche dalle donne.

Quindi, fatto entrare nel senato, Cinea parlò lungamente delle virtù di Pirro, della misericordia e della nobiltà d'animo, poi dichiarò che il re avrebbe sancito una pace con il popolo Romano a condizioni eque, se Pirro avesse ottenuto la parte dell'Italia che aveva già occupato con le armi, e se il senato avesse stretto un'alleanza con il re dell'Epiro. Gli animi di molti senatori, adescati dalle astute parole di Cinea, già propendevano verso la pace e l'alleanza con Pirro, quando entrò nella Curia, trasportato in lettiga, Appio Claudio, illustre e rispettato patrizio, ormai vecchio e cieco, il quale, con un intenso discorso, dissuase i senatori in merito alla pace.

E così dal senato venne risposto a Pirro che egli, se non fosse andato via dall'Italia, non avrebbe potuto avere la pace con i Romani.

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