Tandem aliquando Quirites L. Catilinam furentem audacia ...

Finalmente una buona volta, oh Romani, L. Catilina, pazzo per la temerarietà, desideroso di empietà, il quale tramava criminosamente la rovina della patria, il quale minacciava con la spada e con il fuoco voi e questa città, lo abbiamo cacciato da Roma, lo abbiamo mandato via e mentre se ne andava lo abbiamo inseguito con le parole. Andò via, fuggì, scappò. Ormai più nessun danno sarà più procurato a queste mura dall'interno delle mura stesse da quel mostro e da quel flagello.

E abbiamo senz'altro sconfitto senza disputa quest'unico capo di questa guerra civile. Ormai quel pugnale non si aggirerà più tra di noi, non abbiamo più timore nel campo (Marzio), né nel foro, né nella curia, né infine tra le pareti domestiche. Egli ha abbandonato la posizione, dopo che è stato cacciato da Roma. Ormai conduciamo alla luce del sole una giusta guerra contro un nemico. Senza dubbio abbiamo rovinato un uomo e abbiamo vinto splendidamente, dopo che lo abbiamo portato dai tranelli segreti al crimine aperto.

Egli ora giace prostrato, oh Romani, e comprende di essere stato colpito e abbattuto, e certamente rivolge spesso gli occhi a questa città che egli si rammarica che sia stata strappata dalle sue fauci.

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