In Nomentanum meum fugi urbem et immo febrem ...
Da Roma sono fuggito nella mia villa Nomentana, o piuttosto, (sono fuggito) da una febbre: infatti essa mi affliggeva già da molti giorni.
E così dagli schiavi è stata preparata immediatamente una carrozza. Non appena ho abbandonato la pesantezza della città e quell'odore di cucine, il mio stato di salute è cambiato immediatamente. Poi, dopo che avevo raggiunto i vigneti, mi sono ritornate le forze.
Quando sono stato liberato nei pascoli, mi sono ributtato sul cibo. Dunque ormai mi riprendevo; il torpore del corpo debole non è perdurato. Comincio a studiare con tutto lo spirito. Tuttavia il luogo non sarà molto vantaggioso ai fini dello studio, fino a che l'animo non si sarà liberato da tutte le occupazioni e le preoccupazioni.
Il viaggiare, di per sé stesso, non è mai stato d'aiuto per gli esseri umani, perché (esso) non ha moderato i piaceri, non ha frenato le furie, insomma, non ha tratto fuori dall'animo alcun male.