Pulcher pavo obsonam vocem suam aegre ferebat et lusciniae invidebat ...

Un bel pavone sopportava malvolentieri la sua voce stonata e invidiava l'usignolo per la sua soave voce.

Spesso infatti, mentre l'usignolo cantava nel bosco, il pavone ascoltava il suo canto di nascosto e desiderava imitare la meravigliosa soavità della sua voce. Ma quando il bel pavone cantava davanti agli altri uccelli, la sua voce risuonava sempre stonata e sgradevole, e quindi quello veniva deriso da tutti. Allora il pavone, dopo che aveva sopportato le frequenti offese, andò da Giunone e si lamentò della sua sorte ingiusta:

"Quando canta l'usignolo – disse – tutti gli animali sono affascinati dalla dolcezza della sua voce, io al contrario, quando canto, suscito il riso di tutti". La regina degli dei, poiché voleva offrire conforto all'animale infelice, elogiò molto la sua bellezza, ma il pavone rispose alla dea: "Non posso rallegrarmi della mia bellezza muta, poiché vengo deriso da tutti per il suono della mia voce!". Allora Giunone disse: "La natura ha dato agli animali qualità differenti:

a te la bellezza, al leone la forza, alla volpe l'astuzia, al cane la fedeltà, all'usignolo la soavità della voce. Tutti gli altri animali sono soddisfatti delle loro qualità: la tua lamentela dunque è inutile e sciocca"; infine aggiunse minacciosamente: "Ora vattene, se non vuoi perdere anche la tua bellezza!".

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