Strage dei Galli e morte di Brenno - Giustino
Strage dei Galli e morte di Brenno
Giustino traduzione libro Nexus pagina 506 Numero 2
Galli, hesterno mero saucii, sine respectu periculorum in bellum ruebant. Contra Delphi plus in deo quam in viribus deputantes cum...
I Galli, resi audaci dal vino bevuto il giorno innanzi, si gettavano nel combattimento sprezzando i pericoli.
Di contro, gli abitanti di Delfi - fidando più nel dio (Apollo) che nelle forze - resistevano, con disprezzo; del nemico e limitandosi a far rovinare sopra i Galli - che tentavano la scalata (dell'altura dov'erano arroccati i Delfi) - ora massi, ora armi, (lanciate) dalla sommità dell'altura. Durante lo scontro, ecco che, d'un tratto, i sacerdoti di tutti i templi - e, insieme, le profetesse stesse - coi crini sciolti, con le insegne e le infule sacerdotali, (paritempo) spaventati e fuori di sé, si lanciano verso la prima linea dei combattenti. Annunciano a gran voce che il dio era apparso, ch'essi l'avevan visto scendere nel tempio - ne aveva attraversato la sommità aperta - mentre stavano lì ad implorarne l'aiuto, (e s'era mostrato loro nelle fattezze di) un giovane di una bellezza sovrumana;
(annunciarono, inoltre, che) a lui si erano unite due fanciulle armate provenienti dai due prospicienti templi di Diana e Minerva; e ch'essi non avevano assistito a questo miracolo solo con gli occhi, ma avevano addirittura udito il sibilo tipico dell'arco (significa che diana stava per arrivare) e il clangore delle armi (significa che stava anche per arrivare Minerva). In ragione di ciò, (i sacerdoti e le profetesse) con alte suppliche invogliavano a non esitare ad abbattere il nemico: gli dèi stessi avrebbe guidato alla vittoria! Accesi da tali parole, tutti (i Delfi) si precipitano, (quasi) a gara, a combattere; anch'essi ebbero prova improvvisa della presenza divina: infatti, a causa di un terremoto, una parte della montagna franò sull'esercito dei Galli, e i serratissimi cunei (delle armate) si sfaldavano, provocando (enormi) perdite tra i nemici.
Seguì, quindi, una tempesta, che con la grandine e il freddo diede il colpo finale [absumpsit] (ai nemici già) duramente provati [lett. stremati dalle ferite]. Lo stesso condottiero (dei Galli), Brenno, non riuscendo a sopportare il dolore delle ferite (ricevute), s'uccise col pugnale.