La fame di Zambello - Teofilo Folengo Baldo
traduzione Operativamente
Ergo die quodam solus solettus in arvo valde lavorabat, stentans zappare fasolos....
Un giorno dunque solo soletto in campagna lavorava faticando assai a zappare fagioli. Febo (=Il sole) spuntava ormai dalle Alpi Vicentine, già ormai la voglia di mangiare tormentava Zambello che sente le budella vuote che rumoreggiano (rosicchiano) nella pancia e vagare per la cesta granchi e gamberi.
Ma poiché nessun carniere penzola dall'olmo nel quale ci siano almeno tozzi di pane ammuffiti o una crosta di formaggio, e (ma) poiché (non c' è ) nessuna botticella di vino annacquato con il quale possa almeno bagnare la bocca secca, come un disperato lancia lontano la zappa e dal profondo del petto esala un sospiro da entrambi i canali.
Poi grattandosi il capo con la destra e il fondoschiena con la sinistra, non potendo colmare la pancia, vuole nutrire le unghie. Brontola tra i denti e sussurra parole soffocate, e strepita come una pentola di rape che bolle, bestemmia, maledice, pronuncia parole di scherno contro Baldo, e infatti l'ombelico sta toccando la sua spina dorsale.
Infine, perduta la pazienza, così gridò a gran voce: " 0 mal del lanco nel cuore, o cisti da echinococco, e oh Dio, o Dio mio, il mio ventre, la mia pancia, e le mie budella! Così, tacerò per sempre? Morirò di fame? Disgraziato, butterò sangue? E non cerco un qualsiasi aiuto?"