O miserum senem, qui mortem contemnendam esse in tam longa aetate non viderit. Quae aut ...
O infelice il vecchio che, in una vita tanto lunga, non ha compreso che la morte deve essere tenuta in nessun conto!
Infatti questa (la morte) o dev'essere completamente trascurata, se spegne del tutto l'anima, oppure dev'essere addirittura desiderata, se la porta in qualche luogo dove è destinata ad essere immortale. Di cosa dunque avrò paura, se, dopo la morte, sono destinato ad essere non infelice, oppure addirittura felice? Chi è così sciocco, per quanto sia giovane, che sappia con certezza se è destinato a vivere fino alla sera? Anzi, quell'età possiede cause molto più numerose di morte che la nostra: i giovani incappano nelle malattie con maggiore facilità, si ammalano in maniera più grave, e nonostante i loro corpi siano più vigorosi, si curano con maggiori difficoltà.
Ma torno alla morte incombente: che difetto della vecchiaia è questo, se vedete che essa lo ha in comune con la giovinezza? "Ma il giovane spera che vivrà a lungo, mentre l'anziano non può sperare lo stesso". Spera scioccamente!
Cosa infatti è più sciocco di considerare per certe le cose incerte, le false per vere? "Ma l'anziano nemmeno ha che sperare". Tuttavia egli è di condizione migliore rispetto al giovane, poiché ciò che quello spera, questi l'ha già conseguito; quello desidera vivere a lungo, mentre questi a lungo ha già vissuto.