Q. Metellus in ea oratione quam habuit supremis laudibus patris sui L. Metelli pontificis, bis ...
Q. Metello, in quel discorso che tenne, dalle supreme lodi (ablativo di qualità) del proprio padre, il pontefice L. Metello, due volte console, dittatore, comandante di cavalleria, quindecemviro preposto alla distribuzione delle terre, il quale, durante il trionfo, riportò dalla prima guerra punica moltissimi elefanti, lasciò scritto che quello portò a compimento le dieci cose più elevate e splendide, nel ricercare le quali i saggi trascorrono l'esistenza. Non va infatti trascurato il fatto che Lucio volle sempre essere un guerriero eccellente, un ottimo oratore, un valentissimo generale, (che volle)
che sotto il suo comando fossero condotte le più grandi imprese, che volle ricoprire la carica più alta, essere di altissima saggezza, coltivare il senso del dovere ed essere ritenuto il senatore più autorevole, trovare grande denaro in maniera onesta, lasciare molti figli ed essere molto illustre tra la cittadinanza. Non dimenticate mai che queste cose accaddero a L. Metello e a nessun altro, dopo che Roma fu fondata. Bisogna inoltre ricordare che questo Metello sopportò una vecchiaia senza vista, che aveva perduto a causa di un incendio, quando aveva trascinato via il Palladio dal tempio di Vesta per salvarlo, per una ragione degna di memoria, ma con esito triste.
Accadde pertanto che a lui il popolo romano offrì ciò che a nessun altro era stato offerto, che, ogniqualvolta andava in Senato, veniva trasportato fino alla Curia con un carro: cosa importante e onorevole, ma data a lui in cambio degli occhi.