Scio ego, Quirites, plerosque non pudere aliis artibus imperium ...

O Romani, io so che i più non si vergognano di chiedere a voi il potere supremo con altri sistemi, né di esercitarlo dopo che l'hanno ottenuto: all'inizio sembrano essere diligenti, supplichevoli, temperanti, poi trascorrono la vita nell'indolenza e nella superbia.

Ma io la vedo all'opposto (lett. : "Ma a me sembra in maniera antitetica a simili cose" quindi: "Ma io la penso in tutt'altro modo"): infatti, quanto più lo Stato nel suo complesso vale più di un consolato o di una pretura, tanto più esso deve essere amministrato con maggiore cura. È una cosa piuttosto difficile, o Romani, organizzare una guerra e al contempo preservare le casse dello Stato, costringere al servizio militare coloro che non vuoi danneggiare, occuparsi di tutte le cose in patria e al di fuori.

Ai fini di questo, sono d'aiuto tutte queste cose: un'antica nobiltà, le azioni gloriose degli antenati, le risorse di consanguinei e sodali, vaste schiere di clientes. Nel mio caso, tutte le speranze sono riposte in me stesso, ed è necessario che esse siano garantite dal valore e dall'onestà; infatti tutte le altre cose sono deboli.

Compito dell'uomo grande e saggio è avere la massima considerazione della propria convinzione, e io capisco, o Romani, che i volti di tutti sono rivolti verso di me. È mio interesse che mi appoggino gli uomini imparziali e onesti.

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