Incertezze di Galba

Universa iam plebs Palatium implebat...

Ormai tutta quanta la plebe riempiva il palazzo, del clamore dissonante di coloro che chiedevano l'uccisione di Otone e la morte dei congiurati, come se chiedessero qualcosa di divertente in circo o in teatro: ma in quelli che, effettivamente, in quello stesso giorno, con una pari e diversa contesa erano sul punto di pretendere, non c'era né giudizio né verità, ma (c'era) secondo il costume trasmesso di adulare qualsiasi principe.

Frattanto due giudizi dilaniavano Galba: Tito Vinio riteneva che bisognava rimanere all'interno della dimora, Porre dinanzi le schiavitù, rafforzare gli accessi, non andare incontro a coloro che erano adirati: bisognava dare spazio al pentimento dei colpevoli; le azioni scellerate rinvigorivano con impeto, i buoni propositi rinvigorivano con ritardo.

Sembrava che tutte le altre cose dovessero essere fatte in fretta, e non bisognava attendere che Otone invadesse il foro e giungesse al Campidoglio.

Versione tratta da Tacito

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