Il testamento di Trimalchione
“Amici”, – inquit Trimalchio – et servi homines sunt et aeque unum lactem biberunt. Mei servi cito aquam liberam gustabunt..... Pius, fortis, fidelis, ex parvo crevit, sestertium reliquit trecenties, nec unquam philosophum audivit. Vale”.
Amici – disse Trimalchione – anche i servi sono uomini e bevono lo stesso identico latte. I miei servi presto assaporeranno un'acqua libera: per finale, tutti quelli nel mio testamento li rendo liberi (li libero).
A Filargiro lascio anche una terra, a Carione anche un isolato, la ventesima e il letto. Ora nomino Fortunata mia erede e devo raccomandarla a tutti i miei amici. E perciò tutte queste cose al pubblico affinché la mia famiglia mi ami tanto da morto così come già ora mi ama”. Dopo Rivolgendosi ad Albina: ”Che cosa dici, o mio amico carissimo?
Edificherai il mio mausoleo, nel modo in cui ti ho ordinato? Fortemente ti ho chiesto di dipingere una cagnolina, delle corone e degli unguenti al secondo piede della mia statua, affinché mi sia permesso con la tua bravura vivere dopo la morte. Alla mia destra poni una statua della mia Fortunata mentre tiene una colomba in mano e molte anfore gessate, affinché non fluisca vino. E scolpisci un'urna spezzata e sopra quella un bambino che si dispera.
L’orologio nel mezzo, affinché, se qualcuno osserva le ore, legga il mio nome. Aggiungi questa iscrizione: ” C. Pompeio Trimalchione riposa qui. Pio, forte, fedele, arricchito dalla povertà, lasciò trecento sesterzi, e mai ha dato ascolto ad un filosofo. Saluti”