Vae victis!
Traditum est gravissimum fuisse Romae periculum cum Galli, fusis Romanorum exercitibus, ex Etruria ad .... Deinde, proelio commisso, tanta fuit barbarorum caedes (strage) ut nemo eorum, qui suis cladem (disastro) nuntiare posset, superfuerit.
Si narra che gravissimo fosse il pericolo per Roma quando i Galli, sbaragliati gli eserciti Romani, scendendo dall’Etruria verso Roma, entrarono nelle mura e assediarono la stessa rocca del Campidoglio.
Allora il senato si pentì di avere cacciato in esilio Camillo. Perciò richiamò a Roma Camillo e lo nominò dittatore. Ma mentre egli radunava le truppe sconfitte, i Romani e gli stessi Galli disgustati dal lungo assedio e dalla fame stabilirono di negoziare la pace, se i Romani avessero pagato un riscatto di mille libbre (di oro). Poiché la bilancia era truccata venne ricusata dai Romani.
Allora il capo dei Galli, Brenno, fu preso da tanta ira da aggiungere la sua spada, gridando: “Guai ai vinti”. Ma, mentre si pesa l’oro, sopraggiunse Camillo con i suoi soldati ed ordinò ai Romani di impugnare le spade ed aggredire i Galli.
Quindi, ingaggiata battaglia, fu tale la strage di barbari che nessuno di loro sopravvisse da potere comunicare ai suoi il disastro.