Pareo tibi, collega carissime, et infirmitati oculorum, ut iubes, consulo. Nam, ne solis luce ...

Ti obbedisco, o carissimo collega, e come tu ordini, provvedo alla malattia degli occhi. Infatti, affinché gli occhi non fossero offesi dalla luce del sole, sono giunto nella villa con una carrozza coperta, e qui, non mi tengo alla larga solamente dalla penna, ma anche dalle letture, e studio unicamente per mezzo delle orecchie:

infatti ho ordinato che il mio liberto legga al posto mio. Voglio che le stanze siano in penombra, però non buie. Anche il loggiato possiede tanto d'ombra quanto di luce. Così imparo a sopportare la luce poco alla volta. Faccio il bagno, perché è d'aiuto, bevo il vino, perché non nuoce.

Mi sono abituato in questa maniera. Ho ricevuto con piacere la gallina inviata da te, e con gli occhi abbastanza penetranti, quantunque ancora malati (lett. : "quantunque io sia ancora cisposo"), l'ho vista assai grassa. Ciao.

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