Caesaris adventu ex colore vestitus cognito, turmisque equitum et cohortibus Romanis visis, hostes proelium committunt ...

Una volta scoperto l'arrivo di Cesare dal colore dell'abito, e dopo aver visto gli squadroni dei cavalieri e le coorti Romane, i nemici ingaggiano la battaglia.

Sollevatosi un grido da entrambe le parti, per la seconda volta, dal vallo e da tutte le fortificazioni, si sente lo strepito. I nostri, dopo aver abbandonato i giavellotti, combattono con le spade. Improvvisamente, alle spalle, si vede la cavalleria. Altre coorti si avvicinano: i nemici fuggono. I cavalieri assalgono coloro che fuggono. Si verifica un grande massacro.

Sedullo, uno fra i comandanti dei Galli, viene ucciso, invece Vercassivellauno è viene catturato vivo in fuga; settantaquattro insegne militari sono portate a Cesare: pochi, da un numero tanto grande, si ritirano incolumi nell'accampamento. Dopo che i nemici avevano visto dal fortilizio la strage e la fuga dei propri compagni, persa ogni speranza di salvezza, fanno rientrare le truppe dalle fortificazioni. Subito, dopo aver udito questa cosa, i Galli fuggirono dall'accampamento.

I nostri soldati, stremati per la fatica della feroce battaglia, non riuscirono ad annientare tutte le truppe dei nemici ma, alla metà della notte, la cavalleria che era stata inviata si imbatté in quelli della parte della retroguardia: un gran numero di loro viene catturato e ucciso; i restanti, dalla fuga si ritirano nelle città.

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