Gli abitanti di Alba Longa sono deportati a Roma

Inter haec iam praemissi Albam erant equites, civium multitudinem Romam traducturi …

Tra questi eventi, dei cavalieri erano già stati mandati ad Alba, affinché trasferissero a Roma la massa dei cittadini.

Poi erano state condotte le legioni per distruggere la città. Quando quelle varcarono le porte, non ci fu affatto quello scompiglio né il genere di paura che è tipica delle città conquistate, quando, una volta che le porte vengono sfondate, o che i muri vengono abbattuti con l'ariete, o la rocca viene conquistata con la forza, il clamore del nemico, e la corsa degli uomini armati attraverso la città sconvolge ogni cosa col ferro e col fuoco; invece un doloroso silenzio e una muta tristezza impietrì gli animi di tutti.

I cittadini, a causa della paura, ora stavano fermi sulle soglie, ora vagabondavano per la città, per guardare per l'ultima volta le loro case. Ma ormai il clamore dei cavalieri incombeva, ormai il fragore delle case che venivano abbattute si sentiva nelle parti più lontane della città, e la polvere, come una nube spinta da luoghi distanti, aveva coperto ogni cosa. Ormai la colonna ininterrotta dei deportati aveva riempito le vie, e la vista degli altri per la reciproca commiserazione aumentava le lacrime, e per giunta si sentivano le voci lamentose, specialmente delle donne, quando lasciavano i sacri templi occupati dai soldati.

Alla fine, i Romani abbattono da ogni parte tutte le case pubbliche e private, e in una sola ora consegnarono alla distruzione e alle rovine Alba.

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