Priverno capto interfectisque qui id oppidum ad rebellandum incitaverant ...
Dopo che Priverno fu stata conquistata e che coloro che avevano incitato quella città a ribellarsi furono stati uccisi, il senato, ardente di indignazione, discuteva la decisione di che cosa mai dovesse fare anche al riguardo dei Privernati rimanenti.
A quel punto i Privernati, pur comprendendo che l'unica risorsa rimaneva nelle preghiere, tuttavia non riuscirono a dimenticare il (loro) sangue libero e Italico: infatti il loro capo, quando gli fu chiesto nella Curia quale castigo meritassero, rispose: "Il castigo che meritano coloro che giudicano sé stessi degni della libertà". A queste le parole, aveva imbracciato le armi e aveva infiammato gli animi esasperati dei senatori.
Ormai i senatori erano in procinto di decretare una pena durissima, quando il console Plauzio, appoggiando la causa dei Privernati, chiese che tipo di pace i Romani avrebbero potuto avere con loro, nel caso avessero concesso loro il perdono.
Ma quello, con volto determinatissimo, disse: "Se avrete concesso una pace lieve essa sarà una pace eterna, se avrete concesso una pace cattiva, essa non sarà duratura". Con queste parole si ottenne che ai vinti si desse non soltanto il perdono, ma anche il diritto e il privilegio della nostra cittadinanza.