In Veientes missus est M. Furius Camillus, postquam dictator ...

Contro i Veienti venne inviato M. Furio Camillo, dopo che fu stato scelto come dittatore. In un primo momento egli sconfisse i nemici in battaglia, poi conquistò anche la loro città, non in battaglia ma per mezzo di un'imboscata.

Infatti, per ordine del dittatore, i soldati Romani scavarono una galleria sotto le mura della città, attraverso la quale i Romani entrarono a Veio e, nel giro di breve tempo, sconfissero i difensori. E così Camillo mise fine ad una guerra decennale e arricchì significativamente Roma, poiché i soldati a Veio fecero un grande bottino.

Dopo questa vittoria Camillo combatté la guerra contro i Falisci e grazie al proprio valore costrinse alla resa i Falisci, una popolazione non meno nobile. Ma, quando il dittatore ritornò a Roma, venne accusato dal tribuno della plebe L. Apuleio, perché – come dicevano i soldati – ha diviso (presente storico) in maniera ingiusta il bottino di Veio. A quel punto Camillo, pieno di collera, abbandonò Roma, ma, quando i Galli attaccarono Roma, Camillo, dimentico dell'ostilità dei propri concittadini, radunò un cospicuo manipolo di Ardeati e guidò le nuove truppe contro i Galli.

I Galli, poiché vennero spaventati dall'arrivo inatteso di Camillo, si dispersero e fuggirono. Assalì e sconfisse una seconda volta i nemici fuori da Roma. E così Camillo venne designato "Romolo e padre della patria, e secondo fondatore di Roma".

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