Tragica fine di Pompeo e dei pompeiani
Pompeius superstes dignitatis suae vixit: ...
Pompeo visse superstite (testimone) della sua dignità: fuggì a cavallo con maggiore disonore e con un'imbarcazione giunse a Lesbo; poi sul litorale di Peluso, per ordine del vilissimo re, fu trucidato per mezzo della spada del disertore Settimio sotto gli occhi di sua moglie e dei suoi figli.
Cesare attaccò in Asia il re Farnace e e lo distrusse in una battaglia, per volontà di un fulmine. L'elogio di Cesare, che disse che il nemico fu sconfitto prima di essere visto, su di sé (sulla propria persona) non fu falso. In Africa, dopo la battaglia presso Tapso, Giuba, essendosi ritirato nella reggia, banchettò magnificamente l'indomani con Petreo compagno di fuga e si offrì ai colpi di costui durante le mangiate e le bevute.
Petreo uccise sia il re che se stesso, mentre gli alimenti erano imbevuti del sangue romano e regale. Catone non partecipò alla guerra: aveva posto l'accampamento presso Bagrada e salvaguardava Utica. Ma, ricevuta la notizia della morte di Pompeo, non indugiò per nulla e chiamò a sé persino lieto la morte. Infatti avendo abbracciato il figlio e i compagni, durante la notte lesse presso la lampada il libro di Platone sull'immortalità dell'anima e dopo si diede al sonno; poi percosse una e due volte il petto con la spada.
Dopo ciò i medici osarono mettere le mani sull'uomo con dei medicamenti. Quello sopportò a poco a poco le cure; poi in verità ruppe le piaghe e, dopo che la violenza del sangue lo seguiva, moribondo abbandonò le mani sulla stessa ferita.
(by Maria D.)
Versione tratta da Floro