Il perdono di Alessandro - Vertendi Iter
Dum haec Amyntas agit, forte supervenerunt qui fratrem eius Polemonem, fugientem consecuti,.....
Mentre Aminta faceva queste cose, per caso sopraggiunsero coloro che conducevano in catene il fratello di lui Polemone, dopo averlo trovato mentre fuggiva.
Era un giovane era nel primo fiore dell'età, che coloro che lo avevano inseguito catturarono abbandonato dai compagni e esitante nella decisione di ritornare o di fuggire. Costui allora cominciò a piangere e a percuotere il suo volto, triste non per la sua sorte, ma per quella dei fratelli che erano in pericolo. E aveva già commosso non solo l'assemblea, ma anche il re, ma c'era solo un suo implacabile fratello che guardandolo con un volto terribile: "Allora" disse "stolto, avresti dovuto piangere, quando hai incitato con gli speroni il cavallo, disertore dei fratelli e amico dei disertori.
Disgraziato! Dove e da dove fuggivi? Hai fatto in modo che io, accusato di delitto capitale, usassi le parole dell'accusatore". Quello diceva di aver sbagliato, ma più gravemente verso i fratelli che verso se stesso. Allora i soldati non trattennero né le lacrime né le acclamazioni. Una sola voce era emessa con uguale consenso affinché egli perdonasse de gli uomini innocenti e forti.
Anche gli amici data l'occasione di misericordia si alzarono in piedi e piangendo pregarono il re. Lui, intimato il silenzio, disse: "Anch'io assolvo, a mio parere, Aminta e i suoi fratelli. Tornate in buoni rapporti con me con la stessa fiducia con la quale io torno in buoni rapporti con voi. Tu, Aminta, perdona tuo fratello; semplicemente questa sarà anche per me la prova del tuo animo rappacificato".