Il prezioso candelabro di Verre
Candelabrum e gemmis clarissimis opere mirabili perfectum reges ii, quos dico, ... cupere se dicit inspicere neque se aliis videndi potestatem esse facturum.
Dopo che questi re, che dico, portarono a Roma un candelabro di preziosissime gemme, eseguito con lavoro mirabile affinché si mettesse nel Campidoglio ed avendo trovato che il tempio ancora non era finito, non vollero né mettervelo, e nemmeno che fosse visto da qualcuno, pensando che dovesse ammirare con più stupore, quando a tempo debito si ponesse sopra l'altare di Giove Ottimo Massimo, e la sua bellezza dovesse apparire più ragguardevole, se esso fosse mostrato nuovo mai visto prima da occhio umano . Deliberarono dunque di riportarlo in Siria affinché, come venissero a sapere che la statua di Giove Ottimo Massimo era dedicata, mandassero i loro ambasciatori a porre nel Campidoglio, insieme con gli altri, doni questo così nobile e degno.
La faccenda giunse alle orecchie di Verre, e non so come sia potuto succedere . Infatti il principe avrebbe voluto che la cosa restasse nascosta, non già perché nutrisse qualche timore o sospetto, ma per evitare che molta gente assaporasse quella meraviglia prima del popolo romano.
Il nostro imputato chiede con molte insistenti preghiere al principe di mandarglielo; manifesta il suo vivo desiderio di contemplarlo e promette che non darà a nessun altro la possibilità di vederlo.