PROMETEO o il Caucaso - testo greco e traduzione

PROMETEO, o IL CAUCASO di Luciano ΠΡΟΜΗΘΕΥΣ

[1]ΕΡΜΗΣ Ὁ μὲν Καύκασος, ὦ Ἥφαιστε, οὗτος, ᾧ τὸν ἄθλιον τουτονὶ Τιτᾶνα προσηλῶσθαι δεήσει· περισκοπῶμεν δὲ ἤδη κρημνόν τινα ἐπιτήδειον, εἴ που τῆς χιόνος τι γυμνόν ἐστιν, ὡς βεβαιότερον καταπαγείη τὰ δεσμὰ καὶ οὗτος ἅπασι περιφανὴς εἴη κρεμάμενος.

Mercurio. Vulcano ecco il Caucaso, dove dobbiamo crocifiggere Titano questo sventurato. ediamo se c'è qualche rupe adatta, qualche balza nuda di neve, per fermare salde le catene, e metterlo alla vista di tutti.

ΗΦΑΙΣΤΟΣ Περισκοπῶμεν, ὦ Ἑρμῆ· οὔτε γὰρ ταπεινὸν καὶ πρόσγειον ἐσταυρῶσθαι χρή, ὡς μὴ ἐπαμύνοιεν αὐτῷ τὰ πλάσματα αὐτοῦ οἱ ἄνθρωποι, οὔτε μὴν κατὰ τὸ ἄκρον, ‑ ἀφανὴς γὰρ ἂν εἴη τοῖς κάτω ‑ ἀλλ' εἰ δοκεῖ κατὰ μέσον ἐνταῦθά που ὑπὲρ τῆς φάραγγος ἀνεσταυρώσθω ἐκπετασθεὶς τὼ χεῖρε ἀπὸ τουτουὶ τοῦ κρημνοῦ πρὸς τὸν ἐναντίον.

Vulcano. VediamoMercurio: non conviene crocifiggerlo in un luogo basso e vicino alla terra, poiché gli uomini da lui plasmati arriverebbero ad aiutarlo: né troppo in cima, perché non sarebbe visto da quelli di sotto. Se ti sembra, qui è una giusta altezza, su questo precipizio potrà essere crocifisso: stenderà una mano verso questa rupe, ed un'altra verso questa di fronte.

ΕΡΜΗΣ Εὖ λέγεις· ἀπόξυροί τε γὰρ αἱ πέτραι καὶ ἀπρόσβατοι πανταχόθεν, ἠρέμα ἐπινενευκυῖαι, καὶ τῷ ποδὶ στενὴν ταύτην ὁ κρημνὸς ἔχει τὴν ἐπίβασιν, ὡς ἀκροποδητὶ μόλις ἑστάναι, καὶ ὅλως ἐπικαιρότατος ἂν ὁ σταυρὸς γένοιτο. μὴ μέλλε οὖν, ὦ Προμηθεῦ, ἀλλ' ἀνάβαινε καὶ πάρεχε σεαυτὸν καταπαγησόμενον πρὸς τὸ ὄρος.

Mercurio. Dici bene: queste rocce son brulle, inaccessibili da ogni parte, ed alquanto pendenti; e nella rupe vi è appena un poco di sporgenza, dove poggiare le punte dei piedi: per croce non troveremmo di meglio. Non esitiamo Prometeo: sali, e preparati ad essere affisso al monte.

ΠΡΟΜΗΘΕΥΣ [2] Ἀλλὰ κἂν ὑμεῖς γε, ὦ Ἥφαιστε καὶ Ἑρμῆ, κατελεησατέ με παρὰ τὴν ἀξίαν δυστυχοῦντα.

Prometeo. Vulcano, Mercurio, almeno voi abbiate pietà di me immeritatamente sventurato.

ΕΡΜΗΣ Τοῦτο φής, ὦ Προμηθεῦ, ἀντὶ σοῦ ἀνασκολοπισθῆναι αὐτίκα μάλα παρακούσαντας τοῦ ἐπιτάγματος· ἢ οὐχ ἱκανὸς εἶναί σοι δοκεῖ ὁ Καύκασος...

Mercurio. Vuoi che abbiamo pietà di te, Prometeo, affinché siamo crocifissi noi in vece tua, per aver trasgredito ad un ordine?

Ti sembra che sul Caucaso non ci sia luogo per inchiodarvi altri due? Via, stendi la mano destra, e tu, Vulcano, legala, fermala ad un chiodo, picchia di forza il martello.

Dammi l'altra: stia ferma anche questa. Ora va bene. Presto scenderà l’aquila a mangiarti il fegato, e così avrai tutta la ricompensa delle tue ingegnose invenzioni.

ΠΡΟΜΗΘΕΥΣ [3] Ὦ Κρόνε καὶ Ἰαπετὲ καὶ σὺ ὦ μῆτερ, οἷα πέπονθα ὁ κακοδαίμων οὐδὲν δεινὸν εἰργασμένος.

Prometeo. O Saturno, o Giapeto, madre mia Terra, guardatemi mentre soffro misero mentre non ho fatto alcun male.

ΕΡΜΗΣ Οὐδέν, ὦ Προμηθεῦ, δεινὸν εἰργάσω, ὃς πρῶτα μὲν τὴν νομὴν τῶν κρεῶν ἐγχειρισθεὶς οὕτως ἄδικον ἐποιήσω καὶ ἀπατηλήν, ὡς σαυτῷ μὲν τὰ...

Mercurio. Non hai fatto alcun male, Prometeo? Anzitutto quando avevi il compito di dividere le carni, hai fatto parti ingiuste e l’inganno di conservare il meglio per te, e di mettere avanti a Gioveossa nascoste sotto un bianco grasso.

Mi ricorda che Esiodo ha detto così. Poi hai plasmato gli uomini, animali molto maliziosi, specialmente le donne.

Hai rubato il fuoco, infine, avere preziosissimo degli Dei, e l’hai donato agli uomini. Hai fatto siffatti grandi mali, e dici che sei incatenato senza alcuna colpa?

ΠΡΟΜΗΘΕΥΣ [4] Ἔοικας, ὦ Ἑρμῆ, καὶ σὺ κατὰ τὸν ποιητὴν "ἀναίτιον αἰτιάασθαι, " ὃς τὰ τοιαῦτά μοι προφέρεις, ἐφ' οἷς ἔγωγε τῆς ἐν πρυτανείῳ σιτήσεως, εἰ τὰ δίκαια ἐγίγνετο, ἐτιμησάμην ἂν ἐμαυτῷ....

Prometeo. Sembra, o Mercurio, che anche tu, come afferma il poeta, incolpi un incolpabile: che mi accusi di tali cose per le quali, se vi fosse una giustizia, io sarei giudicato degno di essere nutrito dal pubblico nel Pritaneo.

Se tu avessi tempo, io vorrei chiarirti come sono false queste accuse, e dimostrarti come Giove è ingiusto verso di me. E tu che sei un così bel parlatore e difensore di cause, difenderai poi anche questa, così, dirai che ha dato un giudizio giusto, nel mettermi in croce presso queste porte Caspie, sul Caucaso, e farmi miserando spettacolo a tutti gli Sciti.

ΕΡΜΗΣ Ἕωλον μέν, ὦ Προμηθεῦ, τὴν ἔφεσιν ἀγωνιῇ καὶ ἐς οὐδὲν δέον· ὅμως δ' οὖν λέγε· καὶ γὰρ ἄλλως περιμένειν ἀναγκαῖον, ἔστ' ἂν ὁ ἀετὸς καταπτῇ ἐπιμελησόμενός σου τοῦ ἥπατος. τὴν ἐν τῷ μέσῳ δὴ ταύτην σχολὴν καλῶς ἂν ἔχον εἴη εἰς ἀκρόασιν καταχρήσασθαι σοφιστικήν, οἷος εἶ σὺ πανουργότατος ἐν τοῖς λόγοις.

Mercurio. Troppo tardi, Prometeo, vuoi appellarti, ma senza vantaggio: ma parla pure; tanto è, io devo rimanere qui finchè non discenda l’aquila a roderti il fegato; mi piace impiegare questo tempo a sentire ragionare un sofista così scaltro come tu sei.

[5]   Πρότερος οὖν, ὦ Ἑρμῆ, λέγε, καὶ ὅπως μου ὡς δεινότατα κατηγορήσῃς μηδὲ καθυφῇς τι τῶν δικαίων τοῦ πατρός. σὲ δέ, ὦ Ἥφαιστε, δικαστὴν ποιοῦμαι ἔγωγε.

Prometeo. Parla tu ora per primo, Mercurio: avanzami un'accusa forte, e non tralasciare alcun mezzo per difendere tuo padre. Prendo a mio giudice te, Vulcano.

ΗΦΑΙΣΤΟΣ Μὰ Δί', ἀλλὰ κατήγορον ἀντὶ δικαστοῦ ἴσθι με ἕξων, ὃς τὸ πῦρ ὑφελόμενος ψυχράν μοι τὴν κάμινον ἀπολέλοιπας.

Vulcano. Giudice (dici?) (No) altro! io sarò tuo accusatore. Tu mi hai rubato il fuoco, e mi hai lasciato fredda la fucina.

ΠΡΟΜΗΘΕΥΣ Οὐκοῦν διελόμενοι τὴν κατηγορίαν, σὺ μὲν περὶ τῆς κλοπῆς ἤδη σύνειρε, ὁ Ἑρμῆς δὲ τὴν κρεανομίαν καὶ τὴν ἀνθρωποποιίαν αἰτιάσεται· ἄμφω δὲ τεχνῖται καὶ εἰπεῖν δεινοὶ ἐοίκατε εἶναι.

Prometeo. Bene: spartirete l’accusa: tu parlerai di questo furto: e Mercurio mi accuserà d'aver plasmati gli uomini, e divise mali le carni. Tutti e due siete validi (oratori), e vi sta bene la lingua in bocca.

ΗΦΑΙΣΤΟΣ Ὁ Ἑρμῆς καὶ ὑπὲρ ἐμοῦ ἐρεῖ· ἐγὼ γὰρ οὐ πρὸς λόγοις τοῖς δικανικοῖς εἰμι, ἀλλ' ἀμφὶ τὴν κάμινον ἔχω τὰ πολλά· ὁ δὲ ῥήτωρ τε ἐστι καὶ τῶν τοιούτων οὐ παρέργως μεμέληκεν αὐτῷ.

Vulcano. Mercurio parlerà anche per me: io infatti non conosco cose di tribunali, di fucina sì, te ne riferirei quante ne vuoi: egli è oratore, e di queste cause ne ha avute per mano.

ΠΡΟΜΗΘΕΥΣἘγὼ μὲν οὐκ ἄν ποτε ᾤμην καὶ περὶ τῆς κλοπῆς τὸν Ἑρμῆν ἐθελῆσαι ἂν εἰπεῖν οὐδὲ ὀνειδιεῖν μοι τὸ τοιοῦτον ὁμοτέχνῳ ὄντι. πλὴν ἀλλ' εἰ καὶ τοῦτο, ὦ Μαίας παῖ, ὑφίστασαι, καιρὸς ἤδη περαίνειν τὴν κατηγορίαν.

Prometeo. Non avrei mai creduto che Mercurio volesse parlare di furto, ed accusarmi di ciò che è ancora sua arte. Ma se anche di questo, o figlio di Maia, vuoi incaricarti, inizia l’accusa.

ΕΡΜΗΣ [6] Πάνυ γοῦν, ὦ Προμηθεῦ, μακρῶν δεῖ λόγων καὶ ἱκανῆς τινος παρασκευῆς ἐπὶ τὰ σοὶ πεπραγμένα, οὐχὶ δὲ ἀπόχρη μόνα τὰ κεφάλαια εἰπεῖν...

Mercurio. Veramente, Prometeo, ci vuole un lungo discorrere e un gran meditare su quello che tu hai fatto!

Non basta esporre in due parole le colpe tue? Quando ti fu ordinato lo spartire delle carni, hai serbato per te il migliore boccone, ed hai ingannato il tuo signore: hai plasmato gli uomini, quando non ce n'era necessità: ci hai rubato il fuoco, e lo hai portato a loro. Mi sembra, caro mio, che non vuoi capire, che dopo tutto questo, Giove ti ha usato moltissima clemenza.

Se tu negassi di aver fatto queste cose, dovrei sciorinare una lungo discorso per convincerti colpevole, e chiarire tutto il vero, punto per punto:

ma tu dici di aver diviso le carni a questo modo, di aver fatto l'invenzione degli uomini, e di aver rubato il fuoco, io dunque ho finito l’accusa: se dicessi di più, sarebbero inezie.

ΠΡΟΜΗΘΕΥΣ [7] Εἰ μὲν καὶ ταῦτα λῆρός ἐστιν ἃ εἴρηκας, εἰσόμεθα μικρὸν ὕστερον· ἐγὼ δέ, ἐπείπερ ἱκανὰ φὴς εἶναι τὰ κατηγορημένα, πειράσομαι ὡς ἂν οἷός τε ὦ διαλύσασθαι τὰ ἐγκλήματα....

Prometeo. E inezie sono tutte, come presto vedremo. E giacchè affermi che queste accuse bastano, io tenterò, come posso, di togliermi queste colpe: e prima inizierò da quella delle carni.

Giuro al cielo, che a parlare di questo, io provo vergogna per Giove; che è di animo così gretto, è così ghiotto, che per un ossicino trovato nella sua porzione, manda alla croce un dio antico come me, senza ricordare che ho combattuto per lui, e senza pensare qual'era infine la ragione di tanto sdegno.

I fanciulli fanno il broncio e si corrucciano quando non hanno la parte più grossa.

[8]καίτοι τάς γε ἀπάτας, ὦ Ἑρμῆ, τὰς τοιαύτας συμποτικὰς οὔσας οὐ χρή, οἶμαι, ἀπομνημονεύειν, ἀλλ' εἰ καί τι ἡμάρτηται μεταξὺ εὐωχουμένων,...

Queste burle, o Mercurio, questi dispettucci che si usano fare nei conviti, non bisogna tenerli a mente, anzi le offese stesse stimarle scherzi, e lasciarne lo sdegno nel banchetto.

Serbare l’astio, nutrire l’odio sino al domani, e non dimenticare l'offesa, non è ne da Dio, né da re. Se dai banchetti si bandiscono cotante piacenterie, le burle, d i motti, le occhiate, le risate, e non vi resta che l’ubbriachezza, la sazietà, il silenzio, cose tristi e noiose, e sconvenienti ad un banchetto.

Io non potevo mai credere che Giove se ne sarebbe ricordato il giorno dopo, che se ne sarebbe tanto sdegnato, che si sarebbe ritenuto gravemente offeso:

nello spartire le carni io feci uno scherzo per provare se egli sapesse scegliere la porzione migliore.

[9] Τίθει δ' ὅμως, ὦ Ἑρμῆ, τὸ χαλεπώτερον, μὴ τὴν ἐλάττω μοῖραν ἀπονενεμηκέναι τῷ Διί, τὴν δ' ὅλην ὑφῃρῆσθαι· τί οὖν; διὰ τοῦτο ἐχρῆν, τὸ...

Ma prendi, Mercurio, un caso più grave, che invece di dare a Giove la porzione più piccola, non gliene avessi data affatto, doveva egli per questo rimescolare cielo e terra, pensare a catene, a croci, al Caucaso, mandare giù aquile a straziarmi il fegato?

Queste furie dimostrano un animo gretto ed ignobile, di poca conoscenza, e facile a sdegnarsi per nulla.

E che avrebbe fatto se avesse perduto un bue, quando per un pezzettino di carne si inquieta tanto?

[10]   Καίτοι πόσῳ οἱ ἄνθρωποι εὐγνωμονέστερον διάκεινται πρὸς τὰ τοιαῦτα, οὓς εἰκὸς ἦν καὶ τὰ ἐς τὴν ὀργὴν ὀξυτέρους εἶναι τῶν θεῶν; ἀλλ'...

Con quanta maggior temperanza si conducono gli uomini in questi casi: eppure dovrebbero essere portati allo sdegno più degli Dei!

Nessuno di loro farebbe crocifiggere il cuoco, che lessando le carni, avesse intinto il dito nel brodo, e leccatoselo, o sbocconcellato un pezzo dell'arrosto, l'avesse ingoiato.

Questa è una colpa che si assolve: o pure uno stizzoso ti darebbe un cazzotto, uno schiaffo: ma nessuno mai tra gli uomini sarebbe messo in croce per una così lieve ragione.

Καὶ περὶ μὲν τῶν κρεῶν τοσαῦτα, αἰσχρὰ μὲν κἀμοὶ ἀπολογεῖσθαι, πολὺ δὲ αἰσχίω κατηγορεῖν[11]ἐκείνῳ....

E questo è il mio delitto delle carni: io ho vergogna a di scolparmene, ma è vergogna maggiore per Giove l’accusarmene.

Vado ora a parlare della formazione degli uomini. Questa accusa, o Mercurio, ha due parti; ed io non so di cosa più mi incolpiate, o che gli uomini non dovevano affatto esistere, ed era meglio che rimanevano terra inerte ed informe;

oppure che dovevano essere fatti, ma di forma e d'aspetto diversi da quello che sono. Io parlerò dell'una cosa e dell'altra: e anzitutto mi sforzerò di dimostrare, che gli Dei non hanno avuto alcun male (dal fatto)

che gli uomini sono venuti alla vita; e che poi ne hanno avuto bene, ed utile molto maggiore che se la terra fosse rimasta deserta e senza uomini.

Ἦν τοίνυν πάλαι ‑ ῥᾷον γὰρ οὕτω δῆλον ἂν γένοιτο, εἴ τι ἠδίκηκα ἐγὼ μετακοσμήσας καὶ νεωτερίσας τὰ περὶ τοὺς ἀνθρώπους ‑ ἦν οὖν τὸ θεῖον...

Anticamente (e comincio dal principio per chiarire più facilmente che io non ho fatto novità nocevole e pericolosa quando plasmai gli uomini) esisteva infatti la sola specie divina e abitatrice del cielo; la terra era una cosa selvaggia ed informe, tutta ispida di foreste dove non penetrava il giorno, e non aveva altari né templi degli Dei: dove c'erano allora le statue, i simulacri, e gli altri monumenti che ora si vedono da ogni parte, e con tanto onore venerati?

Io, che sempre ripenso al bene comune, e considero come accrescere la gloria degli Dei, dando nuove bellezze al mondo, io pensai che sarebbe stata cosa buona prendere un pò di creta, e comporne alcuni animali dando loro una forma simile alla nostra; perché io ho creduto che sarebbe mancata sempre qualche cosa alla divinità, se non ci fosse stato un essere a cui paragonarsi, e così sentire quanto è più beata:

però ho vuluto che questo essere fosse mortale, ma pieno di diligenza, di senno, e di sentimento del bene. , Sicchè, come dicono i poeti, mischiando terra ed acqua, e fattane poltiglia, feci gli uomini: e chiamai Minerva per aiutarmi nell'opera.

ταῦτά ἐστιν ἃ μεγάλα ἐγὼ τοὺς θεοὺς ἠδίκηκα. καὶ τὸ ζημίωμα ὁρᾷς ἡλίκον, εἰ ἐκ πηλοῦ ζῷα ἐποίησα καὶ τὸ τέως ἀκίνητον εἰς κίνησιν ἤγαγον·...

Questo è il mio gran peccato verso gli Dei. Vedi che danno ho recato loro a fare di creta alcuni animali, e a dare il movimento a cosa fino allora immobile.

Sembra che gli Dei abbiano perduto un pezzo della loro deità dacchè sulla terra ci sono animali che muoiono pure: e Giove se ne sdegna, come se gli Dei fossero sminuiti per la nascita degli uomini: e forse teme che questi non si rivoltino contro di lui, e non portino guerra agli Dei, come i giganti. Ma voi, Mercurio, non avete mai avuto da me offesa, né dalle mie fatture, e tu lo sai: o riferiscine anche una sola piccolissima, ed io tacerò, ed avrò meritato questa pena che voi mi fate patire.

Il bene che io ho fatto agli Dei per mezzo di essi, guardalo, getta uno sguardo sulla terra non più squallida ed orrida, ma abbellita di città, di campi coltivati, di alberi fruttiferi; guarda il mare coperto di navi, le isole abitate, altari, sacrifici, templi, solennità in ogni parte, piene di Giove tutte le vie, piene tutte le piazze.

Se io li avessi formati per sola utilità mia, per esserne padrone io, sarei un furfante ed un avaro; ma io mi sono adoperato per il vostro bene comune: in tutti i luoghi ci sono templi di Giove, di Apollo, di Giunone, di te, o Mercurio, ma di Prometeo no. Io dunque pensare a me solo? io tradire il bene comune? io screditare gli altri?

[15]   Ἔτι δέ μοι, ὦ Ἑρμῆ, καὶ τόδε ἐννόησον, εἴ τι σοι δοκεῖ ἀγαθὸν ἀμάρτυρον, οἷον κτῆμα ἢ ποίημα ὃ μηδεὶς ὄψεται μηδὲ ἐπαινέσεται, ὁμοίως ἡδὺ καὶ τερπνὸν ἔσεσθαι τῷ ἔχοντι....

Considera con me un poco, o Mercurio, se puoi immaginare un bene che non abbia spettatori, un possesso, una fattura che nessuno debba mai vedere né lodare, e che pure sia piacevole e gradita a chi la possiede.

Che voglio dire con questo? che non essendovi gli uomini, la bellezza dell'universo sarebbe senza spettatori;

e noi saremmo ricchi d'una ricchezza che nessuno ammirerebbe, e che neppure agli occhi nostri avrebbe pregio, perché non potremmo paragonarla ad una inferiore; non comprenderemmo che beatitudine noi godiamo, perché non vedremmo altri privi di quello che abbiamo noi: così il grande non si riterrebbe grande se non si misurasse con il piccolo.

E voi che dovreste onorarmi per questo beneficio che ho reso a tutti, voi mi avete messo in croce, e mi date questo merito per l’opera che io ho pensato di compiere.

[16]   Ἀλλὰ κακοῦργοί τινες, φής, ἐν αὐτοῖς καὶ μοιχεύουσι καὶ πολεμοῦσι καὶ ἀδελφὰς γαμοῦσι καὶ πατράσιν ἐπιβουλεύουσι....

Ma vi sono tra loro certi farabutti, tu mi dirai, ma fanno adulterii, si sgozzano nelle guerre, stuprano le sorelle, insidiano alla vita dei genitori.

E fra noi non si fanno molte di queste cose? Dobbiamo accusare il cielo e la terra che ci hanno dato l’esistenza? Forse mi dirai, che per aver cura degli uomini è necessario che soffriamo la noia di molte faccende.

Allora così anche il pastore si lamenterà di avere il gregge, perché è necessario che ne abbia cura. Questa fatica è una dolcezza; questo pensiero non è senza diletto, perché ci dà un'occupazione. Che faremmo noi se non dovessimo pensare a nulla? Ce la passeremmo così in ozio a bere il nettare, a riempirci d'ambrosia, senza fare nulla.

Ma il maggior mio dispetto è che voi, i quali mi biasimate di avere formato gli uomini, e massimamente le donne, vi innamorate di esse, e non cessate di scendere sulla terra diventando ora tori, ora satiri e cigni, e non disdegnate di generare degli Dei con loro.

Ἀλλ' ἐχρῆν μέν, ἴσως φήσεις, ἀναπεπλάσθαι τοὺς ἀνθρώπους, ἄλλον δέ τινα τρόπον, ἀλλὰ μὴ ἡμῖν ἐοικότας· καὶ τί ἂν ἄλλο παράδειγμα τούτου...

Ma si doveva, forse dirai, formare gli uomini, sì, ma di altra forma, e non simili a noi. E quale altro esempio migliore di questo io potevo propormi, e del quale io conoscevo l’altissima bellezza?

Conveniva forse che l’uomo fosse un animale stupido, feroce, e salvatico? E come avrebbe fatto sacrifici agli Dei, e resi altri onori a voi, se egli non fosse stato quale egli è? Eppure quando vi offrono le ecatombe, voi non le rifiutate, ancorchè doveste andare sino all'Oceano, agli incolpabili Etiopi.

E chi vi ha procacciati questi onori e questi sacrifici, voi l’avete messo in croce.

Περὶ μὲν οὖν τῶν ἀνθρώπων καὶ ταῦτα ἱκανά. [18]ἤδη δὲ καὶ ἐπὶ τὸ πῦρ, εἰ δοκεῖ, μέτειμι καὶ τὴν ἐπονείδιστον ταύτην κλοπήν....

Ma basti questo sugli uomini, passiamo ora a parlare del fuoco, a quel bruttissimo delitto che voi mi attribute.

Deh, per gli Dei, non ti dispiaccia rispondermi: Avete perduto voi qualche parte del fuoco, dacchè l’hanno anche gli uomini? No, certamente: perché tale è la natura di questa cosa, che non diminuisce, se ne dai, chè fuoco accende fuoco, e non si spegne.

È dunque schietta invidia la vostra di non volerne dare a chi ne ha bisogno, quando voi non ne avete danno. Eppure voi che siete Dei, dovreste essere buoni, generosi, e lontanissimi da invidia. Se vi avessi rubato anche tutto il fuoco e portatolo sulla terra, senza lasciarvene neppure una scintilla, io non vi avrei fatto grande danno, perché esso non vi è utile a niente, voi non avete freddo, non vi cuocete l'ambrosia, non avete bisogno di luce artificiale.

[19]οἱ δὲ ἄνθρωποι καὶ εἰς τὰ ἄλλα μὲν ἀναγκαίῳ χρῶνται τῷ πυρί, μάλιστα δὲ ἐς τὰς θυσίας, ὅπως ἔχοιεν κνισᾶν τὰς ἀγυιὰς καὶ τοῦ λιβανωτοῦ θυμιᾶν καὶ τὰ μηρία καίειν ἐπὶ τῶν βωμῶν....

Gli uomini, al contrario non possono fare senza, ne usano a molte loro necessità, e specialmente per i sacrifici, per profumare le vie con l’odore delle carni e degli incensi, per bruciare le cosce delle vittime su gli altari.

Ma io vedo che a voi piace il fumo, e ve ne fate grandi scorpacciate, quando l’odore delle carni sale fino al cielotra vortici di fumo. Di cosa dunque mi biasimate, di quello che tanto vi piace?

io non so come non avete proibito anche al sole di risplenderee sugli uomini, quantunque il suo fuoco sia più divino ed ardente.

O biasimate anche lui, che sparge così e diffonde la roba nostra? Ho finito (detto). Voi, o Mercurio e Vulcano, se vi pare che ho detto male, confutatemi, ribadite pure l’accusa, ed io vi risponderò in mia difesa.

ΕΡΜΗΣ [20]   Οὐ ῥᾴδιον, ὦ Προμηθεῦ, πρὸς οὕτω γενναῖον σοφιστὴν ἁμιλλᾶσθαι· πλὴν ἀλλὰ ὤνησο, διότι μὴ καὶ ὁ Ζεὺς ταῦτα ἐπήκουσέ σου· εὖ γὰρ οἶδα, ἑκκαίδεκα γῦπας ἂν ἐπέστησέ σοι τὰ ἔγκατα ἐξαιρήσοντας· οὕτω δεινῶς αὐτοῦ κατηγόρηκας ἀπολογεῖσθαι δοκῶν. ἐκεῖνο δέ γε θαυμάζω, ὅπως μάντις ὢν οὐ προεγίγνωσκες ἐπὶ τούτοις κολασθησόμενος.

Mercurio. Non è facile, Prometeo, contendere con un così valido sofista. Ma buon per te che Giove non ti ha sentito. Ti so dire che invece ti manderebbe sedici avvoltoi a stracciarti le viscere, perché facendo in modo di difendere te, hai accusato lui bruscamente. Ma mi meraviglio che un profeta come te non abbia preveduto questa tua pena.

ΠΡΟΜΗΘΕΥΣ Ἠπιστάμην, ὦ Ἑρμῆ, καὶ ταῦτα μὲν καὶ ὅτι ἀπολυθήσομαι αὖθις οἶδα, καὶ ἤδη γέ τις ἐκ Θηβῶν ἀφίξεται σὸς ἀδελφὸς οὐκ εἰς μακρὰν κατατοξεύσων ὃν φὴς ἐπιπτήσεσθαί μοι τὸν ἀετόν.

Prometeo. Io lo sapevo, Mercurio, e so ancora che ne sarò liberato: e già un Tebano verrà tra breve, un tuo fratello, e colpirà l’aquila che tu affermi che sta per scendere.

ΕΡΜΗΣ Εἰ γὰρ γένοιτο, ὦ Προμηθεῦ, ταῦτα καὶ ἐπίδοιμί σε λελυμένον, κοινῇ σὺν ἡμῖν εὐωχούμενον, οὐ μέντοι καὶ κρεανομοῦντά γε.

Mercurio. Così fosse, Prometeo! Io vorrei vederti già libero, al comune banchetto con noi, purchè tu non faccia lo scalco. (Trattasi di un servitore che ha il compito di tagliare le carni durante i banchetti)

ΠΡΟΜΗΘΕΥΣ [21] Θάρρει· καὶ συνευωχήσομαι ὑμῖν καὶ ὁ Ζεὺς λύσει με οὐκ ἀντὶ μικρᾶς εὐεργεσίας.

Prometeo. Sta certo: tornerò al vostro banchetto e Giove mi libererà per ricompensarmi di un gran beneficio.
ΕΡΜΗΣ Τίνος ταύτης; μὴ γὰρ ὀκνήσῃς εἰπεῖν.
Mercurio. E quale? Dimmelo.

ΠΡΟΜΗΘΕΥΣ Οἶσθα, ὦ Ἑρμῆ, τὴν Θέτιν; ἀλλ' οὐ χρὴ λέγειν· φυλάττειν γὰρ ἄμεινον τὸ ἀπόρρητον, ὡς μισθὸς εἴη καὶ λύτρα μοι ἀντὶ τῆς καταδίκης.

Prometeo. Conosci Teti, o Mercurio? Ma non bisogna dirlo, è meglio conservare il segreto, affinchè sia prezzo e riscatto della mia condanna.

ΕΡΜΗΣ Ἀλλὰ φύλαττε, ὦ Τιτάν, εἰ τοῦτ' ἄμεινον. ἡμεῖς δὲ ἀπίωμεν, ὦ Ἥφαιστε· καὶ γὰρ ἤδη πλησίον οὑτοσὶ ὁ ἀετός. ὑπόμενε οὖν καρτερῶς· εἴη δέ γε ἤδη σοι τὸν Θηβαῖον ὃν φὴς τοξότην ἐπιφανῆναι, ὡς παύσειέ σε ἀνατεμνόμενον ὑπὸ τοῦ ὀρνέου.

Mercurio. E custodiscilo, o Titano, se è meglio così. Noi andiamo via, o Vulcano, che già l’aquila si si avvicina. Soffri da forte: oh, fosse già qui quell'arciere tebano, e ti togliesse allo strazio di questo uccello!

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