SENOFONTE - Apologia di Socrate - testo greco e traduzione italiana
Testo greco e traduzione Italiana
[1] Σωκράτους δὲ ἄξιόν μοι δοκεῖ εἶναι μεμνῆσθαι καὶ ὡς ἐπειδὴ ἐκλήθη εἰς τὴν δίκην ἐβουλεύσατο περί τε τῆς ἀπολογίας καὶ τῆς τελευτῆς τοῦ βίου. γεγράφασι μὲν οὖν περὶ τούτου καὶ ἄλλοι καὶ πάντες ἔτυχον τῆς μεγαληγορίας αὐτοῦ· ᾧ καὶ δῆλον ὅτι τῷ ὄντι οὕτως ἐρρήθη ὑπὸ Σωκράτους. ἀλλ' ὅτι ἤδη ἑαυτῷ ἡγεῖτο αἱρετώτερον εἶναι τοῦ βίου θάνατον, τοῦτο οὐ διεσαφήνισαν· ὥστε ἀφρονεστέρα αὐτοῦ [2] φαίνεται εἶναι ἡ μεγαληγορία.
Traduzione Apologia di Socrate I
1. Di Socrate, poi, mi sembra giusto ricordare anche le decisioni che prese, dopo essere stato citato in giudizio, riguardo alla difesa e alla conclusione della propria vita.
Anche altri hanno già scritto su questo argomento, e tutti sono riusciti a ricreare la superbia delle sue parole: e da ciò risulta evidente che Socrate parlò realmente in questo modo.
Ma il fatto che ormai egli, per se stesso, considerasse la morte più desiderabile della vita, non lo hanno mostrato con sufficiente chiarezza, e di conseguenza la sua superbia appare insensata.
Ἑρμογένης μέντοι ὁ Ἱππονίκου ἑταῖρός τε ἦν αὐτῷ καὶ ἐξήγγειλε περὶ αὐτοῦ τοιαῦτα ὥστε πρέπουσαν φαίνεσθαι τὴν μεγαληγορίαν αὐτοῦ τῇ διανοίᾳ. ἐκεῖνος γὰρ ἔφη ὁρῶν αὐτὸν περὶ πάντων μᾶλλον [3] διαλεγόμενον ἢ περὶ τῆς δίκης εἰπεῖν·
Traduzione Apologia di Socrate Senfonte II.
2. Tuttavia Ermogene, figlio di Ipponico, che era suo discepolo, ha riferito su questo soggetto in modo tale da fare apparire la superbia del suo parlare in accordo con il suo pensiero. Egli infatti racconta d'aver detto, vedendolo impegnato a discutere di qualunque argomento piuttosto che parlare del suo processo:
Οὐκ ἐχρῆν μέντοι σκοπεῖν, ὦ Σώκρατες, καὶ ὅ τι ἀπολογήσῃ; τὸν δὲ τὸ μὲν πρῶτον ἀποκρίνασθαι· Οὐ γὰρ δοκῶ σοι ἀπολογεῖσθαι μελετῶν διαβεβιωκέναι; ἐπεὶ δ' αὐτὸν ἐρέσθαι· Πῶς; Ὅτι οὐδὲν ἄδικον διαγεγένημαι ποιῶν· ἥνπερ νομίζω μελέτην εἶναι [4]καλλίστην ἀπολογίας.
Traduzione Apologia di Socrate di Senofonte III
3. «Non sarebbe opportuno, Socrate, che tu esaminassi anche quel che dovrai dire in tua difesa?». E Socrate rispose: «Non ti sembra che io abbia trascorso l'intera vita preparando la mia difesa?». «Come?» domandò lui. «Perché ho trascorso tutta la mia vita senza commettere alcuna ingiustizia, e credo che questa sia la miglior preparazione della propria difesa»'?
ἐπεὶ δὲ αὐτὸν πάλιν λέγειν· Οὐχ ὁρᾷς τὰ Ἀθηναίων δικαστήρια ὡς πολλάκις μὲν οὐδὲν ἀδικοῦντας λόγῳ παραχθέντες ἀπέκτειναν, πολλάκις δὲ ἀδικοῦντας ἢ ἐκ τοῦ λόγου οἰκτίσαντες ἢ ἐπιχαρίτως εἰπόντας ἀπέλυσαν; Ἀλλὰ ναὶ μὰ Δία, φάναι αὐτόν, καὶ δὶς ἤδη ἐπιχειρήσαντός μου σκοπεῖν περὶ τῆς ἀπολογίας ἐναντιοῦταί μοι τὸ δαιμόνιον.
4. L'altro riprese: «Ma non vedi che i tribunali ateniesi, ingannati dai discorsi, hanno spesso fatto morire uomini che non avevano commesso alcuna ingiustizia, mentre spesso hanno prosciolto i colpevoli, commossi da un discorso o sedotti dalla grazia dell'oratore?». «Per Zeus!» disse «sono già due volte che il demone mi si oppone mentre m'accingo a mettere mano alla mia difesa!».
[5] ὡς δὲ αὐτὸν εἰπεῖν· Θαυμαστὰ λέγεις, τὸν δ' αὖ ἀποκρίνασθαι· Ἦ θαυμαστὸν νομίζεις εἰ καὶ τῷ θεῷ δοκεῖ ἐμὲ βέλτιον εἶναι ἤδη τελευτᾶν; οὐκ οἶσθα ὅτι μέχρι μὲν τοῦδε οὐδενὶ ἀνθρώπων ὑφείμην ‹ἂν› βέλτιον ἐμοῦ βεβιωκέναι; ὅπερ γὰρ ἥδιστόν ἐστιν, ᾔδειν ὁσίως μοι καὶ δικαίως ἅπαντα τὸν βίον βεβιωμένον· ὥστε ἰσχυρῶς ἀγάμενος ἐμαυτὸν ταὐτὰ ηὕρισκον καὶ τοὺς ἐμοὶ συγγιγνομένους γιγνώσκοντας περὶ [6] ἐμοῦ.
5. Poiché Ermogene osservò: «È straordinario quello che dici», Socrate rispose: «Ritieni davvero che sia un fatto straordinario che anche il dio ritenga meglio che io ora muoia? Non sai che fino a oggi non avrei potuto concedere a nessun uomo d'aver vissuto meglio di me? Sapevo - ed è la cosa più dolce - di avere trascorso con pietà e giustizia l'intera mia esistenza, e di conseguenza consideravo me stesso con grande stima, e scoprivo che coloro che mi frequentavano provavano gli stessi sentimenti nei miei confronti.
νῦν δὲ εἰ ἔτι προβήσεται ἡ ἡλικία, οἶδ' ὅτι ἀνάγκη ἔσται τὰ τοῦ γήρως ἐπιτελεῖσθαι καὶ ὁρᾶν τε χεῖρον καὶ ἀκούειν ἧττον καὶ δυσμαθέστερον εἶναι καὶ ὧν ἔμαθον ἐπιλησμονέστερον. ἂν δὲ αἰσθάνωμαι χείρων γιγνόμενος καὶ καταμέμφωμαι ἐμαυτόν, πῶς ἄν, εἰπεῖν, ἐγὼ ἔτι ἂν [7] ἡδέως βιοτεύοιμι;
6. Ora, io so che se avanzerò ancora negli anni dovrò necessariamente subire i mali della vecchiaia - vedere peggio, sentirci meno, comprendere con difficoltà, dimenticare con facilità quel che si è appreso. Se mi accorgessi della mia decadenza e dovessi rimproverare me stesso, come potrei» disse «vivere ancora con gioia?
ἴσως δέ τοι, φάναι αὐτόν, καὶ ὁ θεὸς δι' εὐμένειαν προξενεῖ μοι οὐ μόνον τὸ ἐν καιρῷ τῆς ἡλικίας καταλῦσαι τὸν βίον, ἀλλὰ καὶ τὸ ᾗ ῥᾷστα. ἂν γὰρ νῦν κατακριθῇ μου, δῆλον ὅτι ἐξέσται μοι τῇ τελευτῇ χρῆσθαι ἣ ῥᾴστη μὲν ὑπὸ τῶν τούτου ἐπιμεληθέντων κέκριται, ἀπραγμονεστάτη δὲ τοῖς φίλοις, πλεῖστον δὲ πόθον ἐμποιοῦσα τῶν τελευτώντων. ὅταν γὰρ ἄσχημον μὲν μηδὲν μηδὲ δυσχερὲς ἐν ταῖς γνώμαις τῶν παρόντων καταλείπηταί ‹τις›, ὑγιὲς δὲ τὸ σῶμα ἔχων καὶ τὴν ψυχὴν δυναμένην φιλοφρονεῖσθαι ἀπομαραίνηται, πῶς οὐκ ἀνάγκη τοῦτον ποθεινὸν εἶναι;
7. E forse» aggiunse «anche il dio, nella sua benevolenza, mi offre la possibilità non solo di concludere la vita a un'età opportuna, ma anche nel modo più agevole. Se ora verrò condannato, infatti, è evidente che mi sarà possibile morire nel modo che è giudicato più facile da coloro che si intendono di tale questione, che crea meno problemi per i nostri cari, e che fa ricordare con più rimpianto chi muore. Quando dietro di sé non si lascia nessun ricordo vergognoso e spiacevole nell'anima dei presenti ma ci si spegne con un corpo incolume e un'anima capace di amare, come si potrebbe non essere oggetto di rimpianto?
[8] ὀρθῶς δὲ οἱ θεοὶ τότε μου ἠναντιοῦντο, φάναι αὐτόν, τῇ τοῦ λόγου ἐπισκέψει ὅτε ἐδόκει ἡμῖν ζητητέα εἶναι ἐκ παντὸς τρόπου τὰ ἀποφευκτικά. εἰ γὰρ τοῦτο διεπραξάμην, δῆλον ὅτι ἡτοιμασάμην ἂν ἀντὶ τοῦ ἤδη λῆξαι τοῦ βίου ἢ νόσοις ἀλγυνόμενος τελευτῆσαι ἢ γήρᾳ, εἰς ὃ πάντα τὰ χαλεπὰ [9] συρρεῖ καὶ μάλα ἔρημα τῶν εὐφροσυνῶν.
8. Giustamente gli dèi si opposero allora» disse «alla preparazione del mio discorso, quando sembrava che dovessimo cercare in ogni modo gli argomenti adatti a evitare la condanna. Se fossi riuscito in questo, è evidente che, invece di una rapida interruzione della vita, avrei preparato a me stesso una fine tra le sofferenze della malattia o della vecchiaia, nella quale confluisce ogni disgrazia, senza alcun conforto.
μὰ Δί', εἰπεῖν αὐτόν, ὦ Ἑρμόγενες, ἐγὼ ταῦτα οὐδὲ προθυμήσομαι, ἀλλ' ὅσων νομίζω τετυχηκέναι καλῶν καὶ παρὰ θεῶν καὶ παρ' ἀνθρώπων, καὶ ἣν ἐγὼ δόξαν ἔχω περὶ ἐμαυτοῦ, ταύτην ἀναφαίνων εἰ βαρυνῶ τοὺς δικαστάς, αἱρήσομαι τελευτᾶν μᾶλλον ἢ ἀνελευθέρως τὸ ζῆν ἔτι προσαιτῶν κερδᾶναι τὸν [10] πολὺ χείρω βίον ἀντὶ θανάτου.
9. Per Zeus,» disse «Ermogene! Non mi prenderò certo a cuore una sorte di questo genere, ma se dovrò offendere i giudici illustrando loro i benefici che ritengo di aver ricevuto dagli dèi e dagli uomini, e l'opinione che ho di me stesso, sceglierò di morire piuttosto che continuare a vivere indegnamente elemosinando una vita peggiore della morte».
οὕτως δὲ γνόντα αὐτὸν ἔφη [εἰπεῖν], ἐπειδὴ κατηγόρησαν αὐτοῦ οἱ ἀντίδικοι ὡς οὓς μὲν ἡ πόλις νομίζει θεοὺς οὐ νομίζοι, ἕτερα δὲ καινὰ δαιμόνια[11] εἰσφέροι καὶ τοὺς νέους διαφθείροι, παρελθόντα εἰπεῖν·
10. Aveva preso questa risoluzione, disse Ermogene. Poiché i suoi avversari lo avevano accusato di non riconoscere gli dèi che la città riconosceva e di introdurre invece nuove divinità, e di corrompere i giovani, presentatosi in tribunale disse:
Ἀλλ' ἐγώ, ὦ ἄνδρες, τοῦτο μὲν πρῶτον θαυμάζω Μελήτου, ὅτῳ ποτὲ γνοὺς λέγει ὡς ἐγὼ οὓς ἡ πόλις νομίζει θεοὺς οὐ νομίζω· ἐπεὶ θύοντά γέ με ἐν ταῖς κοιναῖς ἑορταῖς καὶ ἐπὶ τῶν δημοσίων βωμῶν καὶ οἱ ἄλλοι οἱ παρατυγχάνοντες [12] ἑώρων καὶ αὐτὸς Μέλητος, εἰ ἐβούλετο.
11. «Io, o giudici, mi stupisco di Meleto per questo fatto, in primo luogo: in quale modo egli può sapere e affermare che io non riconosco gli dèi che la città riconosce? Perché tutti quelli che erano presenti potevano ben vedermi compiere sacrifici nelle feste comuni e sui pubblici altari, e anche lo stesso Meleto avrebbe potuto, se avesse voluto.
καινά γε μὴν δαιμόνια πῶς ἂν ἐγὼ εἰσφέροιμι λέγων ὅτι θεοῦ μοι φωνὴ φαίνεται σημαίνουσα ὅ τι χρὴ ποιεῖν; καὶ γὰρ οἱ φθόγγοις οἰωνῶν καὶ οἱ φήμαις ἀνθρώπων χρώμενοι φωναῖς δήπου τεκμαίρονται. βροντὰς δὲ ἀμφιλέξει τις ἢ μὴ φωνεῖν ἢ μὴ μέγιστον οἰωνιστήριον εἶναι; ἡ δὲ Πυθοῖ ἐν τῷ τρίποδι [13] ἱέρεια οὐ καὶ αὐτὴ φωνῇ τὰ παρὰ τοῦ θεοῦ διαγγέλλει;
12. E le nuove divinità, come potrei introdurle dicendo che mi si rivela una voce divina che mi indica quel che si deve fare? Anche coloro che interpretano le grida degli uccelli o le parole degli uomini traggono indizi dalle voci! Qualcuno vorrà forse negare che i fulmini siano una voce, o che costituiscano il più grande presagio? E la sacerdotessa che siede sul tripode, a Delfi, non comunica anche lei gli oracoli divini per mezzo della voce?
ἀλλὰ μέντοι καὶ τὸ προειδέναι γε τὸν θεὸν τὸ μέλλον καὶ τὸ προσημαίνειν ᾧ βούλεται, καὶ τοῦτο, ὥσπερ ἐγώ φημι, οὕτω πάντες καὶ λέγουσι καὶ νομίζουσιν. ἀλλ' οἱ μὲν οἰωνούς τε καὶ φήμας καὶ συμβόλους τε καὶ μάντεις ὀνομάζουσι τοὺς προσημαίνοντας εἶναι, ἐγὼ δὲ τοῦτο δαιμόνιον καλῷ καὶ οἶμαι οὕτως ὀνομάζων καὶ ἀληθέστερα καὶ ὁσιώτερα λέγειν τῶν τοῖς ὄρνισιν ἀνατιθέντων τὴν τῶν θεῶν δύναμιν. ὥς γε μὴν οὐ ψεύδομαι κατὰ τοῦ θεοῦ καὶ τοῦτ' ἔχω τεκμήριον· καὶ γὰρ τῶν φίλων πολλοῖς δὴ ἐξαγγείλας τὰ τοῦ θεοῦ [14] συμβουλεύματα οὐδεπώποτε ψευσάμενος ἐφάνην.
13. Certo, il fatto che il dio conosca il futuro e lo riveli a chi desidera, tutti lo credono e lo affermano, e anch'io lo sostengo. Ma, mentre gli altri chiamano "uccelli" e "parole", "presagi" e "indovini" ciò che fornisce degli avvertimenti, io lo chiamo "divinità", e ritengo, così chiamandolo, di parlare con più verità e spirito religioso di coloro che attribuiscono la potenza divina agli uccelli. E posso fornire questa prova del fatto che io non mento a danno del dio: pur avendo rivelato i consigli del dio a molti dei miei amici, non è mai risultato che io abbia mentito».
ἐπεὶ δὲ ταῦτα ἀκούοντες οἱ δικασταὶ ἐθορύβουν, οἱ μὲν ἀπιστοῦντες τοῖς λεγομένοις, οἱ δὲ καὶ φθονοῦντες, εἰ καὶ παρὰ θεῶν μειζόνων ἢ αὐτοὶ τυγχάνοι, πάλιν εἰπεῖν τὸν Σωκράτην· Ἄγε δὴ ἀκούσατε καὶ ἄλλα, ἵνα ἔτι μᾶλλον οἱ βουλόμενοι ὑμῶν ἀπιστῶσι τῷ ἐμὲ τετιμῆσθαι ὑπὸ δαιμόνων. Χαιρεφῶντος γάρ ποτε ἐπερωτῶντος ἐν Δελφοῖς περὶ ἐμοῦ πολλῶν παρόντων ἀνεῖλεν ὁ Ἀπόλλων μηδένα εἶναι ἀνθρώπων ἐμοῦ μήτε ἐλευθεριώτερον μήτε δικαιότερον μήτε σωφρονέστερον. [15] ὡς δ' αὖ ταῦτ' ἀκούσαντες οἱ δικασταὶ ἔτι μᾶλλον εἰκότως ἐθορύβουν, αὖθις εἰπεῖν τὸν Σωκράτην·
14. I giudici, nel sentire queste parole, diedero segni di scontento, gli uni perché non credevano a quello che era stato detto, gli altri per invidia del fatto che egli ottenesse dagli dèi più di quanto essi stessi non ottenessero, e Socrate riprese: «Su, ascoltate anche il resto, perché chi di voi lo desidera creda ancor meno al fatto che gli dèi mi onorano dei loro favori! Una volta che Cherefonte, a Delfi, in presenza di molti testimoni, interrogò l'oracolo al mio riguardo, Apollo rispose che non c'è nessun uomo più libero, più giusto e più saggio di me».
Ἀλλὰ μείζω μέν, ὦ ἄνδρες, εἶπεν ὁ θεὸς ἐν χρησμοῖς περὶ Λυκούργου τοῦ Λακεδαιμονίοις νομοθετήσαντος ἢ περὶ ἐμοῦ. λέγεται γὰρ εἰς τὸν ναὸν εἰσιόντα προσειπεῖν αὐτόν· Φροντίζω πότερα θεόν σε εἴπω ἢ ἄνθρωπον. ἐμὲ δὲ θεῷ μὲν οὐκ εἴκασεν, ἀνθρώπων δὲ πολλῷ προέκρινεν ὑπερφέρειν. ὅμως δὲ ὑμεῖς μηδὲ ταῦτ' εἰκῇ πιστεύσητε τῷ θεῷ, ἀλλὰ καθ' ἓν ἕκαστον ἐπισκοπεῖτε [16] ὧν εἶπεν ὁ θεός.
15. I giudici, naturalmente, sentendo queste parole manifestarono ancora di più il loro scontento, e Socrate continuò: «Ma, o giudici, a proposito di Licurgo, il legislatore dei Lacedemoni, 1'oracolo del dio ha detto cose molto più importanti che non sul mio conto. Si racconta infatti che, mentre Licurgo faceva il suo ingresso nel tempio, egli lo apostrofasse così: "Mi chiedo se io debba chiamarti dio o uomo". Non mi ha paragonato a un dio, ma ha giudicato che io fossi di molto superiore agli altri uomini. In ogni caso, non prestate fede al dio su questi argomenti così come capita, ma esaminate punto per punto quel che ha detto il dio.
τίνα μὲν γὰρ ἐπίστασθε ἧττον ἐμοῦ δουλεύοντα ταῖς τοῦ σώματος ἐπιθυμίαις; τίνα δὲ ἀνθρώπων ἐλευθεριώτερον, ὃς παρ' οὐδενὸς οὔτε δῶρα οὔτε μισθὸν δέχομαι; δικαιότερον δὲ τίνα ἂν εἰκότως νομίσαιτε τοῦ πρὸς τὰ παρόντα συνηρμοσμένου, ὡς τῶν ἀλλοτρίων μηδενὸς προσδεῖσθαι; σοφὸν δὲ πῶς οὐκ ἄν τις εἰκότως ἄνδρα φήσειεν εἶναι ὃς ἐξ ὅτουπερ ξυνιέναι τὰ λεγόμενα ἠρξάμην οὐπώποτε [17] διέλειπον καὶ ζητῶν καὶ μανθάνων ὅ τι ἐδυνάμην ἀγαθόν;
16. Conoscete qualcuno che sia meno schiavo di me dei piaceri fisici? Un uomo che sia più liberale di me, che non voglio accettare da nessuno né un dono né una paga? Chi potreste credere a buon diritto più giusto di un uomo che è così contento di quello che possiede da non aver bisogno di nulla che non sia suo? Chi potrebbe non definire ragionevolmente saggio un uomo che, come me, da quando ha cominciato a comprendere quel che viene detto non ha mai tralasciato, secondo le sue possibilità, di indagare e di apprendere che cosa sia il bene?
ὡς δὲ οὐ μάτην ἐπόνουν οὐ δοκεῖ ὑμῖν καὶ τάδε τεκμήρια εἶναι, τὸ πολλοὺς μὲν πολίτας τῶν ἀρετῆς ἐφιεμένων, πολλοὺς δὲ ξένων, ἐκ πάντων προαιρεῖσθαι ἐμοὶ ξυνεῖναι; ἐκείνου δὲ τί φήσομεν αἴτιον εἶναι, τοῦ πάντας εἰδέναι ὅτι ἐγὼ ἥκιστ' ἂν ἔχοιμι χρήματα ἀντιδιδόναι, ὅμως πολλοὺς ἐπιθυμεῖν ἐμοί τι δωρεῖσθαι; τὸ δ' ἐμὲ μὲν μηδ' ὑφ' ἑνὸς ἀπαιτεῖσθαι εὐεργεσίας, ἐμοὶ δὲ πολλοὺς ὁμολογεῖν χάριτας ὀφείλειν;
17. E del fatto che i miei sforzi non fossero vani, non vi sembra che sia prova il fatto che molti concittadini che desideravano la virtù, e molti stranieri, scegliessero, tra tutti, di essere miei discepoli? E quale spiegazione daremo al fatto che tutti sanno che io non possiedo ricchezze per ricambiare, e tuttavia molti desiderano farmi dei doni? E che neppure una persona pretende che io le sia grato per i suoi benefici, ma molti ammettono di dovermi della riconoscenza?
[18] τὸ δ' ἐν τῇ πολιορκίᾳ τοὺς μὲν ἄλλους οἰκτίρειν ἑαυτούς, ἐμὲ δὲ μηδὲν ἀπορώτερον διάγειν ἢ ὅτε τὰ μάλιστα ἡ πόλις ηὐδαιμόνει; τὸ δὲ τοὺς ἄλλους μὲν τὰς εὐπαθείας ἐκ τῆς ἀγορᾶς πολυτελεῖς πορίζεσθαι, ἐμὲ δὲ ἐκ τῆς ψυχῆς ἄνευ δαπάνης ἡδίους ἐκείνων μηχανᾶσθαι; εἴ γε μὴν ὅσα εἴρηκα περὶ ἐμαυτοῦ μηδεὶς δύναιτ' ἂν ἐξελέγξαι με ὡς ψεύδομαι, πῶς οὐκ ἂν ἤδη δικαίως καὶ ὑπὸ θεῶν καὶ ὑπ' ἀνθρώπων [19]ἐπαινοίμην;
18. E che ai tempi dell'assedio, mentre tutti gli altri versavano lacrime sul proprio destino, io non incontravo maggiori difficoltà a vivere rispetto a quando la città era al massimo del suo splendore? E che gli altri si procurano al mercato le delizie più costose, mentre io riesco a trarle, senza spese - e più piacevoli delle loro - dalla mia anima? E se nessuno potesse confutarmi, a proposito di quanto ho detto riguardo alla mia persona, dimostrando che sto mentendo, come potrebbe non essere giusto che io venga lodato dagli dèi e dagli uomini?
ἀλλ' ὅμως σύ με φῄς, ὦ Μέλητε, τοιαῦτα ἐπιτηδεύοντα τοὺς νέους διαφθείρειν; καίτοι ἐπιστάμεθα μὲν δήπου τίνες εἰσὶ νέων διαφθοραί· σὺ δὲ εἰπὲ εἴ τινα οἶσθα ὑπ' ἐμοῦ γεγενημένον ἢ ἐξ εὐσεβοῦς ἀνόσιον ἢ ἐκ σώφρονος ὑβριστὴν ἢ ἐξ εὐδιαίτου πολυδάπανον ἢ [ὡς] ἐκ μετριοπότου οἰνόφλυγα ἢ ἐκ φιλοπόνου μαλακὸν ἢ ἄλλης [20] πονηρᾶς ἡδονῆς ἡττημένον.
19. E tuttavia, Meleto, tu dici che io, che vivo in questo modo, corrompo la gioventù? Certo, noi sappiamo bene di che genere siano i difetti dei giovani. Tu allora dicci se conosci qualcuno che, per opera mia, da pio sia diventato empio; da assennato, tracotante; da regolato, dissipatore; da sobrio, ubriacone; da energico, molle, o schiavo di qualche altro brutto piacere».
Ἀλλὰ ναὶ μὰ Δί', ἔφη ὁ Μέλητος, ἐκείνους οἶδα οὓς σὺ πέπεικας σοὶ πείθεσθαι μᾶλλον ἢ τοῖς γειναμένοις. Ὁμολογῶ, φάναι τὸν Σωκράτην, περί γε παιδείας· τοῦτο γὰρ ἴσασιν ἐμοὶ μεμεληκός. περὶ δὲ ὑγιείας τοῖς ἰατροῖς μᾶλλον οἱ ἄνθρωποι πείθονται ἢ τοῖς γονεῦσι· καὶ ἐν ταῖς ἐκκλησίαις γε πάντες δήπου οἱ Ἀθηναῖοι τοῖς φρονιμώτατα λέγουσι πείθονται μᾶλλον ἢ τοῖς προσήκουσιν. οὐ γὰρ δὴ καὶ στρατηγοὺς αἱρεῖσθε καὶ πρὸ πατέρων καὶ πρὸ ἀδελφῶν, καὶ ναὶ μὰ Δία γε ὑμεῖς πρὸ ὑμῶν αὐτῶν, οὓς ἂν ἡγῆσθε περὶ τῶν πολεμικῶν φρονιμωτάτους εἶναι; Οὕτω γάρ, φάναι τὸν Μέλητον, ὦ Σώκρατες, καὶ συμφέρει [21] καὶ νομίζεται.
20. «Ma per Zeus!» disse Meleto «conosco dei giovani che tu hai convinto a credere a te piuttosto che ai loro genitori!» «Ne convengo» disse Socrate «se si tratta dell'educazione, perché si sa che mi sono interessato di questo. Riguardo alla salute, gli uomini danno retta più ai medici che ai genitori. E certo nelle assemblee tutti gli Ateniesi prestano fede più agli oratori che fanno proposte sensate che ai parenti. Non scegliete forse come strateghi - al posto dei padri e dei fratelli e anche, per Zeus, di voi stessi - gli uomini che credete più accorti nelle questioni militari?» «È così, Socrate,» disse Meleto «e ciò costituisce un vantaggio e una norma»
Οὐκοῦν, εἰπεῖν τὸν Σωκράτην, θαυμαστὸν καὶ τοῦτό σοι δοκεῖ εἶναι, τὸ ἐν μὲν ταῖς ἄλλαις πράξεσι μὴ μόνον ἰσομοιρίας τυγχάνειν τοὺς κρατίστους, ἀλλὰ καὶ προτετιμῆσθαι, ἐμὲ δέ, ‹ὅτι› περὶ τοῦ μεγίστου ἀγαθοῦ ἀνθρώποις περὶ παιδείας, βέλτιστος εἶναι ὑπό τινων προκρίνομαι, τούτου ἕνεκα θανάτου ὑπὸ σοῦ διώκεσθαι;
21. «E non ti sembra allora ben strano» proseguì Socrate «che nelle altre faccende gli uomini migliori siano non solo posti su un piano di parità, ma anche onorati più degli altri, mentre io, per il fatto d'essere ritenuto da alcuni il migliore in ciò che costituisce il bene supremo per gli uomini - l'educazione - devo affrontare grazie a te un processo capitale?».
[22] Ἐρρήθη μὲν δῆλον ὅτι τούτων πλείω ὑπό τε αὐτοῦ καὶ τῶν συναγορευόντων φίλων αὐτῷ. ἀλλ' ἐγὼ οὐ τὰ πάντα εἰπεῖν τὰ ἐκ τῆς δίκης ἐσπούδασα, ἀλλ' ἤρκεσέ μοι δηλῶσαι ὅτι Σωκράτης τὸ μὲν μήτε περὶ θεοὺς ἀσεβῆσαι μήτε περὶ [23] ἀνθρώπους ἄδικος φανῆναι περὶ παντὸς ἐποιεῖτο· τὸ δὲ μὴ ἀποθανεῖν οὐκ ᾤετο λιπαρητέον εἶναι, ἀλλὰ καὶ καιρὸν ἤδη ἐνόμιζεν ἑαυτῷ τελευτᾶν. ὅτι δὲ οὕτως ἐγίγνωσκε καταδηλότερον ἐγένετο, ἐπειδὴ καὶ ἡ δίκη κατεψηφίσθη. πρῶτον μὲν γὰρ κελευόμενος ὑποτιμᾶσθαι οὔτε αὐτὸς ὑπετιμήσατο οὔτε τοὺς φίλους εἴασεν, ἀλλὰ καὶ ἔλεγεν ὅτι τὸ ὑποτιμᾶσθαι ὁμολογοῦντος εἴη ἀδικεῖν. ἔπειτα τῶν ἑταίρων ἐκκλέψαι βουλομένων αὐτὸν οὐκ ἐφείπετο, ἀλλὰ καὶ ἐπισκῶψαι ἐδόκει ἐρόμενος εἴ που εἰδεῖέν τι χωρίον ἔξω τῆς Ἀττικῆς ἔνθα οὐ προσβατὸν θανάτῳ.
Apologia di Socrate Senofonte 24 e 25 traduzione clicca qui
οἶδ' ὅτι καὶ ἐμοὶ μαρτυρήσεται ὑπό τε τοῦ ἐπιόντος καὶ ὑπὸ τοῦ παρεληλυθότος χρόνου ὅτι ἠδίκησα μὲν οὐδένα πώποτε οὐδὲ πονηρότερον ἐποίησα, εὐηργέτουν δὲ τοὺς ἐμοὶ διαλεγομένους προῖκα διδάσκων ὅ τι ἐδυνάμην [27] ἀγαθόν.
E so che il tempo futuro e il passato saranno testimoni del fatto che io non ho mai commesso ingiustizia nei confronti di alcuno, né l'ho reso peggiore di quel che fosse, ma che ho fatto del bene alle persone che hanno parlato con me, insegnando gratuitamente il bene, per quel che ho potuto».
εἰπὼν δὲ ταῦτα μάλα ὁμολογουμένως δὴ τοῖς εἰρημένοις ἀπῄει καὶ ὄμμασι καὶ σχήματι καὶ βαδίσματι φαιδρός. ὡς δὲ ᾔσθετο ἄρα τοὺς παρεπομένους δακρύοντας, Τί τοῦτο; εἰπεῖν αὐτόν, ἦ ἄρτι δακρύετε; οὐ γὰρ πάλαι ἴστε ὅτι ἐξ ὅτουπερ ἐγενόμην κατεψηφισμένος ἦν μου ὑπὸ τῆς φύσεως ὁ θάνατος; ἀλλὰ μέντοι εἰ μὲν ἀγαθῶν ἐπιρρεόντων προαπόλλυμαι, δῆλον ὅτι ἐμοὶ καὶ τοῖς ἐμοῖς εὔνοις λυπητέον· εἰ δὲ χαλεπῶν προσδοκωμένων καταλύω τὸν βίον, ἐγὼ μὲν οἶμαι ὡς εὐπραγοῦντος ἐμοῦ πᾶσιν ὑμῖν εὐθυμητέον εἶναι.
27. Dopo aver parlato in questo modo, se ne andò, lieto nello sguardo, nel contegno e nell'incedere, in perfetto accordo con le sue parole. Quando si accorse che coloro che lo seguivano erano in lacrime, disse: «Che cosa succede? Avete cominciato a piangere ora? Non sapete che è da quando sono nato che la natura ha decretato la mia morte? Se morissi prima del tempo, quando ancora i beni abbondano, è evidente che sia io che i miei cari dovremmo affliggerci; ma se concludo la mia esistenza quando soltanto miserie mi attendono, io credo che voi dovreste essere lieti pensando alla mia sorte felice».
[28] παρὼν δέ τις Ἀπολλόδωρος, ἐπιθυμητὴς μὲν ὢν ἰσχυρῶς αὐτοῦ, ἄλλως δ' εὐήθης, εἶπεν ἄρα· Ἀλλὰ τοῦτο ἔγωγε, ὦ Σώκρατες, χαλεπώτατα φέρω ὅτι ὁρῶ σε ἀδίκως ἀποθνῄσκοντα. τὸν δὲ λέγεται καταψήσαντα αὐτοῦ τὴν κεφαλὴν εἰπεῖν· Σὺ δέ, ὦ φίλτατε Ἀπολλόδωρε, μᾶλλον ἐβούλου με ὁρᾶν δικαίως ἢ ἀδίκως ἀποθνῄσκοντα; καὶ ἅμα ἐπιγελάσαι.
28. Un certo Apollodoro, che si trovava presente ed era un ardente amico di Socrate, ma per il resto un uomo semplice, disse: «Ma io, Socrate, non posso sopportare di vederti morire ingiustamente! ». Si dice che Socrate, accarezzando gli la testa, gli abbia risposto: «Mio caro Apollodoro, preferiresti vedermi morire giustamente piuttosto che ingiustamente?», e che abbia nel contempo sorriso.
[29] λέγεται δὲ καὶ Ἄνυτον παριόντα ἰδὼν εἰπεῖν· Ἀλλ' ὁ μὲν ἀνὴρ ὅδε κυδρός, ὡς μέγα τι καὶ καλὸν διαπεπραγμένος, εἰ ἀπέκτονέ με, ὅτι αὐτὸν τῶν μεγίστων ὑπὸ τῆς πόλεως ὁρῶν ἀξιούμενον οὐκ ἔφην χρῆναι τὸν υἱὸν περὶ βύρσας παιδεύειν. ὡς μοχθηρὸς οὗτος, ἔφη, ὃς οὐκ ἔοικεν εἰδέναι ὅτι ὁπότερος ἡμῶν καὶ συμφορώτερα καὶ καλλίω εἰς τὸν ἀεὶ [30] χρόνον διαπέπρακται, οὗτός ἐστι καὶ ὁ νικῶν.
29. Si racconta che, vedendo passare Anito, abbia detto: «Quest'uomo è pieno di orgoglio per il fatto d'essere la causa della mia morte, come se avesse compiuto un'azione grande e nobile, poiché io dissi, vedendo che la città gli rendeva i più grandi onori, che non doveva insegnare al figlio il mestiere del cuoiaio. Che persona miserabile!» disse. «Non sembra sapere che di noi due il vincitore è quello che ha compiuto le azioni più utili e più belle per tutto il tempo a venire.
ἀλλὰ μέντοι, φάναι αὐτόν, ἀνέθηκε μὲν καὶ Ὅμηρος ἔστιν οἷς τῶν ἐν καταλύσει τοῦ βίου προγιγνώσκειν τὰ μέλλοντα, βούλομαι δὲ καὶ ἐγὼ χρησμῳδῆσαί τι. συνεγενόμην γάρ ποτε βραχέα τῷ Ἀνύτου υἱῷ, καὶ ἔδοξέ μοι οὐκ ἄρρωστος τὴν ψυχὴν εἶναι· ὥστε φημὶ αὐτὸν ἐπὶ τῇ δουλοπρεπεῖ διατριβῇ ἣν ὁ πατὴρ αὐτῷ παρεσκεύακεν οὐ διαμενεῖν· διὰ δὲ τὸ μηδένα ἔχειν σπουδαῖον ἐπιμελητὴν προσπεσεῖσθαί τινι αἰσχρᾷ ἐπιθυμίᾳ, [31] καὶ προβήσεσθαι μέντοι πόρρω μοχθηρίας.
30. Ma» proseguì «ci sono alcuni personaggi ai quali Omero ha attribuito, nel dissolversi dell'esistenza, la preco gnizione degli avvenimenti futuri; e anche io voglio fare qualche profezia. Ho frequentato per breve tempo il figlio di Anito, e mi è sembrato che la sua anima non fosse priva di vigore, e di conseguenza affermo che non continuerà nell'occupazione servile che il padre gli ha predisposto, ma, per il fatto di non avere un degno consigliere, cadrà in qualche vergognosa passione, e andrà avanti di molto sulla strada del vizio».
ταῦτα δ' εἰπὼν οὐκ ἐψεύσατο, ἀλλ' ὁ νεανίσκος ἡσθεὶς οἴνῳ οὔτε νυκτὸς οὔτε ἡμέρας ἐπαύετο πίνων, καὶ τέλος οὔτε τῇ ἑαυτοῦ πόλει οὔτε τοῖς φίλοις οὔτε αὑτῷ ἄξιος οὐδενὸς ἐγένετο. Ἄνυτος μὲν δὴ διὰ τὴν τοῦ υἱοῦ πονηρὰν παιδείαν καὶ διὰ τὴν αὑτοῦ ἀγνωμοσύνην ἔτι καὶ τετελευτηκὼς τυγχάνει[32] κακοδοξίας.
31. Nel dire queste parole, non mentì: il giovane, preso gusto per il vino, non smise di bere né di giorno né di notte, e alla fine risultò del tutto inutile sia per la propria città, sia per gli amici, sia per se stesso. Anito, per quanto ormai morto, gode ancora di cattiva reputazione per la pessima educazione impartita al figlio e per la propria malvagità.
Σωκράτης δὲ διὰ τὸ μεγαλύνειν ἑαυτὸν ἐν τῷ δικαστηρίῳ φθόνον ἐπαγόμενος μᾶλλον καταψηφίσασθαι ἑαυτοῦ ἐποίησε τοὺς δικαστάς. ἐμοὶ μὲν οὖν δοκεῖ θεοφιλοῦς μοίρας τετυχηκέναι· τοῦ μὲν γὰρ βίου τὸ χαλεπώτατον [33]ἀπέλιπε, τῶν δὲ θανάτων τοῦ ῥᾴστου ἔτυχεν.
32. Socrate, elogiando se stesso in tribunale, si attirò l'antipatia dei giudici e li predispose ancor più a condannarlo. Mi sembra però che abbia incontrato una sorte voluta dagli dèi, poiché ha abbandonato la parte più dolorosa dell'esistenza e ha trovato la più facile delle morti.
ἐπεδείξατο δὲ τῆς ψυχῆς τὴν ῥώμην· ἐπεὶ γὰρ ἔγνω τοῦ ἔτι ζῆν τὸ τεθνάναι αὐτῷ κρεῖττον εἶναι, ὥσπερ οὐδὲ πρὸς τἆλλα τἀγαθὰ προσάντης ἦν, οὐδὲ πρὸς τὸν θάνατον ἐμαλακίσατο, ἀλλ' [34]ἱλαρῶς καὶ προσεδέχετο αὐτὸν καὶ ἐπετελέσατο.
33. Dimostrò la forza della sua anima, poiché dopo aver compreso che era meglio per lui morire che continuare a vivere, come non era mai stato ostile ai piaceri della vita così non divenne debole di fronte alla morte, ma l'attese e l'accolse gioiosamente.
ἐγὼ μὲν δὴ κατανοῶν τοῦ ἀνδρὸς τήν τε σοφίαν καὶ τὴν γενναιότητα οὔτε μὴ μεμνῆσθαι δύναμαι αὐτοῦ οὔτε μεμνημένος μὴ οὐκ ἐπαινεῖν. εἰ δέ τις τῶν ἀρετῆς ἐφιεμένων ὠφελιμωτέρῳ τινὶ Σωκράτους συνεγένετο, ἐκεῖνον ἐγὼ τὸν ἄνδρα ἀξιομακαριστότατον νομίζω.
34. E io, considerando la saggezza e la nobiltà di quell'uomo, non posso non ricordarmi di lui, né, ricordandomene, fare a meno di lodarlo. E se una di quelle persone che aspirano alla virtù ha potuto frequentare qualcuno più utile di Socrate, io lo ritengo un uomo degno di essere definito beato più di ogni altro.
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