Cicerone De Amicitia 97-98 testo latino e traduzione
DE AMICITIA 97 DE AMICITIA 98 (Sull'amicizia) - Cicerone
Opera integrale con traduzione italiana
[97] Quod si in scaena, id est in contione, in qua rebus fictis et adumbratis loci plurimum est, tamen verum valet, si modo id patefactum et illustratum est, quid in amicitia fieri oportet, quae tota veritate perpenditur?
in qua nisi, ut dicitur, apertum pectus videas tuumque ostendas, nihil fidum, nihil exploratum habeas, ne amare quidem aut amari, cum, id quam vere fiat, ignores.
Quamquam ista assentatio, quamvis perniciosa sit, nocere tamen nemini potest nisi ei qui eam recipit atque ea delectatur. Ita fit, ut is assentatoribus patefaciat aures suas maxime, qui ipse sibi assentetur et se maxime ipse delectet.
[98] Omnino est amans sui virtus; optime enim se ipsa novit, quamque amabilis sit, intellegit. Ego autem non de virtute nunc loquor sed de virtutis opinione. Virtute enim ipsa non tam multi praediti esse quam videri volunt. Hos delectat assentatio, his fictus ad ipsorum voluntatem sermo cum adhibetur, orationem illam vanam testimonium esse laudum suarum putant. Nulla est igitur haec amicitia, cum alter verum audire non vult, alter ad mentiendum paratus est. Nec parasitorum in comoediis assentatio faceta nobis videretur, nisi essent milites gloriosi. Magnas vero agere gratias Thais mihi? Satis erat respondere: 'magnas'; 'ingentes' inquit. Semper auget assentator id, quod is cuius ad voluntatem dicitur vult esse magnum.
XXVI 97 Se, dunque, in quel teatro che è l'assemblea popolare, dove finzioni e apparenze giocano un ruolo di primo piano, il vero comunque prevale, purché sia svelato e messo nella giusta luce, che cosa deve accadere nell'amicizia, che si misura tutta sul metro della verità?
Se nell'amicizia non vedessi, come si dice, che l'amico ti apre il suo cuore e tu gli mostri il tuo, non avresti nulla di cui fidarti, nulla di cui esser certo, neppure di amare e di essere amato, perché non sapresti quanto ci sia di vero in tutto ciò.
Del resto l'adulazione, per quanto sia pericolosa, nuoce soltanto a chi l'ammette e se ne compiace. Ecco perché è proprio l'uomo pieno di sé e tutto preso dalla propria persona a spalancare le orecchie agli adulatori.
98 Certo, la virtù ama se stessa: si conosce alla perfezione e sa quanto sia amabile. Però, non mi sto riferendo alla virtù, ma all'apparenza di virtù. La maggior parte degli uomini, infatti, preferisce l'apparenza di virtù al reale possesso della stessa. E sono loro a compiacersi dell'adulazione: quando ci si rivolge a queste persone con parole dette ad arte per rispondere alle loro aspettative, vedono in quel vano discorso un'attestazione dei loro meriti. Perciò non esiste amicizia tra due uomini quando uno non vuole sentire il vero e l'altro è pronto a mentire. L'adulazione dei parassiti non risulterebbe comica, nelle commedie, se non ci fossero i soldati fanfaroni: Davvero Taide mi manda mille grazie?Bastava rispondere: «Sì, mille grazie.» Invece dice: «Milioni di grazie!». L'adulatore aumenta sempre, per compiacere, quei «molto» che l'altro vuol sentirsi dire.
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