CICERONE - De Amicitia 99-100 Testo latino e traduzione
DE AMICITIA 99 DE AMICITIA 100 (Sull'amicizia) - Cicerone
Opera integrale con traduzione italiana
[99] Quam ob rem, quamquam blanda ista vanitas apud eos valet qui ipsi illam allectant et invitant, tamen etiam graviores constantioresque admonendi sunt, ut animadvertant, ne callida assentatione capiantur.
Aperte enim adulantem nemo non videt, nisi qui admodum est excors;
callidus ille et occultus ne se insinuet, studiose cavendum est; nec enim facillime agnoscitur, quippe qui etiam adversando saepe assentetur et litigare se simulans blandiatur atque ad extremum det manus vincique se patiatur, ut is qui illusus sit plus vidisse videatur.
Quid autem turpius quam illudi? Quod ut ne accidat, magis cavendum est. Ut me hodie ante omnes comicos stultos senes Versaris atque inlusseris lautissume.
99 Perciò, anche se le menzogne dettate dall'ossequio funzionano su chi le attira a sé e le provoca, bisogna ugualmente avvertire le persone serie e coerenti a non diventare vittime di un'adulazione ben congegnata.
Tutti, tranne il perfetto imbecille, riconoscono l'adulatore smaccato. Ma è da quello astuto e coperto che dobbiamo guardarci perché non si insinui in noi.
Non è molto facile riconoscerlo. Spesso, infatti, adula anche contraddicendo: per compiacere finge di litigare, ma alla fine si arrende, si dà per vinto regalando all'altro l'illusione, con l'inganno, di esser stato più intelligente di lui.
Cosa c'è di più vergognoso che farsi ingannare? A maggior ragione dobbiamo evitare che accada. Come mi hai raggirato e menato ben bene per il naso, oggi, più di tutti gli stupidi vecchi delle commedie!
[100] Haec enim etiam in fabulis stultissima persona est improvidorum et credulorum senum. Sed nescio quo pacto ab amicitiis perfectorum hominum, id est sapientium (de hac dico sapientia, quae videtur in hominem cadere posse), ad leves amicitias defluxit oratio. Quam ob rem ad illa prima redeamus eaque ipsa concludamus aliquando. Virtus, virtus, inquam, C. Fanni, et tu, Q. Muci, et conciliat amicitias et conservat. In ea est enim convenientia rerum, in ea stabilitas, in ea constantia; quae cum se extulit et ostendit suum lumen et idem aspexit agnovitque in alio, ad id se admovet vicissimque accipit illud, quod in altero est; ex quo exardescit sive amor sive amicitia; utrumque enim dictum est ab amando; amare autem nihil est aliud nisi eum ipsum diligere, quem ames, nulla indigentia, nulla utilitate quaesita; quae tamen ipsa efflorescit ex amicitia, etiamsi tu eam minus secutus sis.
100 Anche a teatro il personaggio più stupido è quello dei vecchio sprovveduto e credulone. Non so come, ma il discorso è scivolato dalle amicizie tra uomini perfetti, cioè saggi ( mi riferisco alla saggezza che sembra accessibile all'uomo), alle amicizie di poco conto. Ritorniamo allora al punto di partenza e cerchiamo di concludere.
XXVII È la virtù, sì è la virtù, o Caio Fannio e tu, mio Quinto Mucio, a procurare e a conservare le amicizie. In essa c'è armonia, stabilità e coerenza. Quando sorge e mostra la sua luce, quando vede e riconosce la stessa luce in altri, vi si avvicina per ricevere, a sua volta, la luce che brilla nell'altro. Si accende così l'amore, o l'amicizia (entrambi i termini derivano infatti da amare). E amare altro non è che provare per chi si ama un affetto fine a se stesso, indipendente dal bisogno e dalla ricerca di vantaggi. I vantaggi, tuttavia, sbocciano dall'amicizia, anche se non sei andato a cercarli.
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