CICERONE - De Amicitia (Sull'amicizia) 11-12 testo latino e traduzione
DE AMICITIA 11 DE AMICITIA 12 (Sull'amicizia) - Cicerone
Opera integrale con traduzione italiana
11] Cum illo vero quis neget actum esse praeclare? Nisi enim, quod ille minime putabat, immortalitatem optare vellet, quid non adeptus est quod homini fas esset optare? qui summam spem civium, quam de eo iam puero habuerant, continuo adulescens incredibili virtute superavit, qui consulatum petivit numquam, factus consul est bis, primum ante tempus, iterum sibi suo tempore, rei publicae paene sero, qui duabus urbibus eversis inimicissimis huic imperio non modo praesentia verum etiam futura bella delevit.
Quid dicam de moribus facillimis, de pietate in matrem, liberalitate in sorores, bonitate in suos, iustitia in omnes?
nota sunt vobis. Quam autem civitati carus fuerit, maerore funeris indicatum est. Quid igitur hunc paucorum annorum accessio iuvare potuisset? Senectus enim quamvis non sit gravis, ut memini Catonem anno ante quam est mortuus mecum et cum Scipione disserere, tamen aufert eam viriditatem in qua etiam nunc erat Scipio.
11 Quanto a Scipione, chi può dire che la sorte non gli abbia arriso?
A meno che non aspirasse all'immortalità, cosa a cui non pensava affatto, quali sono tra i desideri concessi all'uomo quelli che non è riuscito a realizzare? Appena adolescente, grazie al suo eccezionale valore, superò le enormi aspettative che i suoi concittadini avevano riposto in lui sin da bambino. Non si candidò mai al consolato, ma due volte fu eletto console, la prima quando non aveva ancora l'età prescritta, la seconda a tempo debito per lui, ma forse troppo tardi, ormai, per lo stato.
Con la distruzione delle due città più ostili al nostro impero, pose fine alle guerre del suo tempo e scongiurò le future. E che dire della sua disponibilità, dell'amore per la madre, della generosità verso le sorelle, della benevolenza verso i suoi, del senso di giustizia verso tutti?
Sapete di cosa parlo. Quanto poi fosse amato dalla città, lo si è visto dal pianto generale ai suoi funerali. A cosa gli sarebbe servito vivere qualche anno di più? A niente, perché la vecchiaia, sebbene non sia un peso (ricordo che Catone, un anno prima di morire, lo sostenne discutendo con me e Scipione), non di meno porta via quel vigore che Scipione aveva ancora.
12] Quam ob rem vita quidem talis fuit vel fortuna vel gloria, ut nihil posset accedere, moriendi autem sensum celeritas abstulit; quo de genere mortis difficile dictu est; quid homines suspicentur, videtis; hoc vere tamen licet dicere, P. Scipioni ex multis diebus, quos in vita celeberrimos laetissimosque viderit, illum diem clarissimum fuisse, cum senatu dimisso domum reductus ad vesperum est a patribus conscriptis, populo Romano, sociis et Latinis, pridie quam excessit e vita, ut ex tam alto dignitatis gradu ad superos videatur deos potius quam ad inferos pervenisse.
12 Perciò la sua vita fu tale, quanto a fortuna e a gloria, che nulla di più le si poteva aggiungere. La morte, poi, arrivò così improvvisa da impedirgli di accorgersene. Come morì, è difficile dirlo: sapete quali sospetti circolano. Ma una cosa si può affermare con sicurezza: dei tanti giorni di grande festa e felicità che Scipione vide nella sua vita, il più bello fu quello in cui, dopo lo scioglimento della seduta senatoriale, venne accompagnato a casa, verso sera, dai padri coscritti, dal popolo romano, dagli alleati e dai Latini. Era il giorno precedente la sua morte. Sembrerebbe che da un così alto grado di dignità sia salito agli dèi superni piuttosto che sceso agli inferi.
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