CICERONE - De Amicitia (Sull'amicizia) 19-20 testo latino e traduzione

DE AMICITIA 19 DE AMICITIA 20 (Sull'amicizia) - Cicerone

[19] Agamus igitur pingui, ut aiunt, Minerva.

Qui ita se gerunt, ita vivunt ut eorum probetur fides, integritas, aequitas, liberalitas, nec sit in eis ulla cupiditas, libido, audacia, sintque magna constantia, ut ii fuerunt modo quos nominavi, hos viros bonos, ut habiti sunt, sic etiam appellandos putemus, quia sequantur, quantum homines possunt, naturam optimam bene vivendi ducem.

Sic enim mihi perspicere videor, ita natos esse nos ut inter omnes esset societas quaedam, maior autem ut quisque proxime accederet. Itaque cives potiores quam peregrini, propinqui quam alieni;

cum his enim amicitiam natura ipsa peperit; sed ea non satis habet firmitatis. Namque hoc praestat amicitia propinquitati, quod ex propinquitate benevolentia tolli potest, ex amicitia non potest; sublata enim benevolentia amicitiae nomen tollitur, propinquitatis manet.

19 Ragioniamo allora, come si dice, con l'aiuto della «grassa Minerva». Uomini che si comportano, che vivono dimostrando lealtà, integrità morale, senso di equità, generosità, senza nutrire passioni sfrenate, dissolutezza, temerarietà, ma possedendo invece una grande coerenza (come i personaggi ora nominati), sono reputati virtuosi.

Allora diamo loro anche il nome di virtuosi, perché seguono, nei limiti delle possibilità umane, la migliore guida per vivere bene, la natura.

Mi sembra chiaro, infatti, che siamo nati perché si instauri tra tutti gli uomini un vincolo sociale, tanto più stretto quanto più si è vicini.

Così agli stranieri preferiamo i concittadini, agli estranei i parenti. L'amicizia tra parenti, infatti, deriva dalla natura, ma difetta di sufficiente stabilità. Ecco perché l'amicizia è superiore alla parentela: dalla parentela può venir meno l'affetto, dall'amicizia no. Senza l'affetto, l'amicizia perde il suo nome, alla parentela rimane

[20] Quanta autem vis amicitiae sit, ex hoc intellegi maxime potest, quod ex infinita societate generis humani, quam conciliavit ipsa natura, ita contracta res est et adducta in angustum ut omnis caritas aut inter duos aut inter paucos iungeretur. Est enim amicitia nihil aliud nisi omnium divinarum humanarumque rerum cum benevolentia et caritate consensio; qua quidem haud scio an excepta sapientia nihil melius homini sit a dis immortalibus datum. Divitias alii praeponunt, bonam alii valetudinem, alii potentiam, alii honores, multi etiam voluptates. Beluarum hoc quidem extremum, illa autem superiora caduca et incerta, posita non tam in consiliis nostris quam in fortunae temeritate. Qui autem in virtute summum bonum ponunt, praeclare illi quidem, sed haec ipsa virtus amicitiam et gignit et continet nec sine virtute amicitia esse ullo pacto potest.

20 Tutta la forza dell'amicizia emerge soprattutto dal fatto che, a partire dall'infinita società del genere umano, messa insieme dalla stessa natura, il legame si fa così stretto e così chiuso che tutto l'affetto si concentra tra due o poche persone. VI L'amicizia non è altro che un'intesa sul divino e sull'umano congiunta a un profondo affetto. Eccetto la saggezza, forse è questo il dono più grande degli dèi all'uomo. C'è chi preferisce la ricchezza, chi la salute, chi il potere, chi ancora le cariche pubbliche, molti anche il piacere. Ma se i piaceri sono degni delle bestie, gli altri beni sono caduchi e incerti perché dipendono non tanto dalla nostra volontà quanto dai capricci della sorte. C'è poi chi ripone il bene supremo nella virtù: cosa meravigliosa, non c'è dubbio, ma è proprio la virtù a generare e a preservare l'amicizia e senza virtù l'amicizia è assolutamente impossibile.

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