CICERONE - De Amicitia (Sull'amicizia) 82-83-84 testo latino e traduzione

DE AMICITIA 82 DE AMICITIA 83 DE AMICITIA 84 (Sull'amicizia) Cicerone
Opera integrale con traduzione italiana

[82] Sed plerique perverse, ne dicam impudenter, habere talem amicum volunt, quales ipsi esse non possunt, quaeque ipsi non tribuunt amicis, haec ab iis desiderant.

Par est autem primum ipsum esse virum bonum, tum alterum similem sui quaerere. In talibus ea, quam iam dudum tractamus, stabilitas amicitiae confirmari potest, cum homines benevolentia coniuncti primum cupiditatibus iis quibus ceteri serviunt imperabunt, deinde aequitate iustitiaque gaudebunt, omniaque alter pro altero suscipiet, neque quicquam umquam nisi honestum et rectum alter ab altero postulabit, neque solum colent inter se ac diligent sed etiam verebuntur.

Nam maximum ornamentum amicitiae tollit qui ex ea tollit verecundiam.

XXII 82 Ma i più assurdamente, per non dire con impudenza, vogliono avere amici come loro stessi non possono essere e quel che essi non danno agli amici lo pretendono da loro.

Invece è giusto prima di tutto essere uomini virtuosi e poi cercare altri simili a noi. Solo tra virtuosi può rafforzarsi la stabilità dell'amicizia, di cui sto trattando già da un po', quando cioè gli uomini, legati dall'affetto, sapranno in primo luogo dominare le passioni, di cui gli altri sono schiavi, e poi ameranno l'equità e la giustizia, si sobbarcheranno a ogni sacrificio l'uno per l'altro, non chiederanno mai nulla che contravvenga alla morale e al diritto, e instaureranno così non solo un rapporto di stima e amore, ma anche di rispetto.

In verità, priva l'amicizia del suo più bell'ornamento chi la priva del rispetto.

[83] Itaque in iis perniciosus est error qui existimant libidinum peccatorumque omnium patere in amicitia licentiam; virtutum amicitia adiutrix a natura data est, non vitiorum comes, ut, quoniam solitaria non posset virtus ad ea, quae summa sunt, pervenire, coniuncta et consociata cum altera perveniret. Quae si quos inter societas aut est aut fuit aut futura est, eorum est habendus ad summum naturae bonum optumus beatissimusque comitatus.

[84] Haec est, inquam, societas, in qua omnia insunt, quae putant homines expetenda, honestas, gloria, tranquillitas animi atque iucunditas, ut et, cum haec adsint, beata vita sit et sine his esse non possit. Quod cum optimum maximumque sit, si id volumus adipisci, virtuti opera danda est, sine qua nec amicitiam neque ullam rem expetendam consequi possumus; ea vero neglecta qui se amicos habere arbitrantur, tum se denique errasse sentiunt, cum eos gravis aliquis casus experiri cogit.

83 Ecco perché chi considera l'amicizia un terreno aperto a voglie e colpe di ogni sorta cade in un pernicioso errore. La natura, invece, ci ha dato l'amicizia come ausilio della virtù, non come complice dei vizi, e lo ha fatto perché la virtù, incapace da sola di raggiungere il bene supremo, vi pervenisse congiunta e associata a un'altra virtù. E se tra gli uomini c'è, c'è stata o ci sarà una simile unione, bisogna considerarla la migliore e la più felice alleanza sulla via del supremo bene naturale.

84 È un'unione, dico io, in cui risiedono tutti i beni che gli uomini considerano desiderabili: l'onore, la gloria, la serenità e la gioia interiore; se li possiedono la vita è felice, ma se non li hanno, non può esserlo. E siccome questo è il bene supremo, se vogliamo raggiungerlo dobbiamo consacrarci alla virtù, senza la quale non possiamo ottenere né l'amicizia né alcun bene desiderabile. Ma le persone che credono di avere degli amici pur calpestando la virtù, si accorgono alla fine di aver sbagliato, quando una grave circostanza li costringe a metterli alla prova.

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