Cicerone - Epistulae ad familiares - Lettere ai familiari IX 1

Cicerone - Epistulae ad familiares 9, 1
Lettere ai familiari IX 1

I. Scr. Romae a. u. c. 708 (post Kal. Octobres).
CICERO VARRONI SAL.
Ex iis litteris, quas Atticus a te missas mihi legit, quid ageres et ubi esses, cognovi; quando autem te visuri essemus, nihil sane ex iisdem litteris potui suspicari.

In spem tamen venio appropinquare tuum adventum: qui mihi utinam solatio sit! etsi tot tantisque rebus urgemur, nullam ut allevationem quisquam non stultissimus sperare debeat; sed tamen aut tu potes me aut ego te fortasse aliqua re iuvare;

scito enim me, posteaquam in urbem venerim, redisse cum veteribus amicis, id est cum libris nostris, in gratiam; etsi non idcirco eorum usum dimiseram, quod iis suscenserem, sed quod eorum me suppudebat; videbar enim mihi, cum me in res turbulentissimas infidelissimis sociis demisissem, praeceptis illorum non satis paruisse. Ignoscunt mihi, revocant in consuetudinem pristinam teque, quod in ea permanseris, sapientiorem quam me dicunt fuisse.

Quamobrem, quoniam placatis iis utor, videor sperare debere, si te viderim, et ea, quae premant, et ea, quae impendeant, me facile transiturum. Quamobrem, sive in Tusculano sive in Cumano ad te placebit sive, quod minime velim, Romae, dummodo simul simus, perficiam profecto, ut id utrique nostrum commodissimum esse videatur.

Da quelle lettere che, inviate da te, Attico mi ha letto, ho appreso che cosa fai e dove sei; quando poi ti avrei visto, non ho potuto assolutamente dedurlo dalle medesime lettere.

Tuttavia coltivo la speranza che il tuo arrivo si avvicini: che mi sia di conforto! E sebbene siamo oppressi da tante e così grandi faccende, che [consecutiva] nessuno che non sia totalmente sciocco debba sperare alcun sollievo. Ma tuttavia o tu puoi aiutare me o forse io te in qualcosa; sappi infatti che dopo il mio ritorno in città, mi sono riconciliato con i vecchi amici, cioè con i nostri libri.

Anche se non avevo abbandonato il loro uso perché arrabbiato con essi, ma perché provavo un po' di vergogna nei loro confronti. Mi sembrava che non avessi seguito abbastanza i loro insegnamenti, essendo andato a finire in situazioni molto confuse a causa di compagni inaffidabili. Mi perdonano, mi riportano alla vecchia familiarità e dicono che sei stato più sapiente di me, poiché sei rimasto in essa. Perciò, dal momento che mi servo di questi, una volta riconciliatomi, sembra che io debba sperare, se ti vedrò, di sopportare le situazioni che premono sia quelle che incalzano.

Perciò o nel Tuscolano o se ti farà piacere nel Cumano o, cosa che non gradirei assolutamente, a Roma, purché siamo insieme, certamente farò in modo che ciò sembri cosa piacevolissima a entrambi.

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