SENECA - Consolazione alla madre Elvia Libro XVII Testo latino e traduzioneI

CONSOLAZIONE ALLA MADRE ELVIA 17

Consolatio ad Helvia matrem XVII

Testo latino e traduzione italiana   LIBRO XVII

1. Scio rem non esse in nostra potestate nec ullum adfectum servire, minime vero eum qui ex dolore nascitur;

ferox enim et adversus omne remedium contumax est. Volumus interim illum obruere et devorare gemitus; per ipsum tamen compositum fictumque uultum lacrimae profunduntur. Ludis interim aut gladiatoribus animum occupamus; at illum inter ipsa quibus auocatur spectacula leuis aliqua desiderii nota subruit. 2. Ideo melius est uincere illum quam fallere; nam qui delusus et uoluptatibus aut occupationibus abductus est resurgit et ipsa quiete impetum ad saeuiendum colligit: at quisquis rationi cessit, in perpetuum componitur. Non sum itaque tibi illa monstraturus quibus usos esse multos scio, ut peregrinatione te uel longa detineas uel amoena delectes, ut rationum accipiendarum diligentia, patrimonii administratione multum occupes temporis, ut semper nouo te aliquo negotio inplices: omnia ista ad exiguum momentum prosunt nec remedia doloris sed inpedimenta sunt;

ego autem malo illum desinere quam decipi. 3. Itaque illo te duco quo omnibus qui fortunam fugiunt confugiendum est, ad liberalia studia: illa sanabunt uulnus tuum, illa omnem tristitiam tibi euellent. His etiam si numquam adsuesses, nunc utendum erat; sed quantum tibi patris mei antiquus rigor permisit, omnes bonas artes non quidem comprendisti, attigisti tamen. 4. Vtinam quidem uirorum optimus, pater meus, minus maiorum consuetudini deditus uoluisset te praeceptis sapientiae erudiri potius quam inbui!

non parandum tibi nunc esset auxilium contra fortunam sed proferendum. Propter istas quae litteris non ad sapientiam utuntur sed ad luxuriam instruuntur minus te indulgere studiis passus est. Beneficio tamen rapacis ingenii plus quam pro tempore hausisti; iacta sunt disciplinarum omnium fundamenta: nunc ad illas reuertere; tutam te praestabunt. 5. Illae consolabuntur, illae delectabunt, illae si bona fide in animum tuum intrauerint, numquam amplius intrabit dolor, numquam sollicitudo, numquam adflictationis inritae superuacua uexatio. Nulli horum patebit pectus tuum; nam ceteris uitiis iam pridem clusum est. Haec quidem certissima praesidia sunt et quae sola te fortunae eripere possint.

(1) Io so che la cosa non è in nostro potere come non lo è nessun sentimento e tanto meno quello che nasce dal dolore: esso è, infatti, spietato e ostinato a qualsiasi rimedio.

Talvolta noi cerchiamo di soffocarlo e di inghiottire i nostri singhiozzi; tuttavia, anche se il volto resta composto e impassibile, le lacrime scorrono lo stesso. Talvolta ci distraiamo ai giuochi, ai combattimenti dei gladiatori e, tuttavia, proprio durante gli spettacoli, che pure dovrebbero divagarci, ecco che basta un minimo ricordo a sconvolgerci. (2) Quindi è meglio vincere il dolore piuttosto che ingannarlo. Infatti, se è distratto e sviato dai piaceri e dalle occupazioni, esso risorge e riprende vigore dal suo assopimento e torna a infierire; se invece ha ceduto alla ragione, si è calmato per sempre. Non ti indicherò, dunque, quei rimedi ai quali, a quanto so, ricorrono in molti, come un viaggio che ti tenga a lungo lontano e ti distragga piacevolmente, o come occupare il tempo a rivedere attentamente i tuoi conti e ad amministrare il tuo patrimonio, o come lasciarti prendere da sempre nuove attività;

tutte queste cose giovano per poco tempo, ma non sono un rimedio al dolore, sono solo un ostacolo. Io, invece, desidero farlo cessare anziché ingannarlo. (3) Così io ti conduco là dove si rifugiano tutti quelli che vogliono evitare la cattiva sorte, negli studi liberali: essi guariranno le tue ferite e scacceranno da te ogni tristezza. Anche se tu non vi fossi mai stata abituata, ora dovresti ricorrervi; ma per quanto te lo abbia concesso la severità d'antico stampo di mio padre, tu hai avuto dimestichezza con tutti gli studi, anche se non li hai approfonditi. (4) Magari mio padre, il migliore degli uomini, fosse stato meno legato alle consuetudini del passato e ti avesse permesso di approfondire i precetti della filosofia, anziché averne solo una conoscenza superficiale!

Non dovresti ora preparartelo questo rimedio contro la sorte, ma lo avresti già pronto. Fu proprio per colpa di queste donne che ricorrono alle lettere non per acquistar saggezza ma per introdursi nella vita mondana, che egli non permise che tu ti dedicassi allo studio. Tu hai tratto, dunque, profitto più dalla vivacità del tuo ingegno che dal tempo disponibile e, quindi, hai le basi di tutte le discipline. (5) Torna ora ad esse. Ti renderanno sicura, ti daranno conforto e diletto; se, francamente, darai un posto ad esse nell'animo tuo, non vi entrerà più il dolore, né l'angoscia, né l'inutile tormento di una vana afflizione. L'animo tuo non sarà più esposto a nessuno di questi mali. A ogni altra debolezza, infatti, è già chiuso da tempo.

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