Seneca De Providentia - La provvidenza Libro VI 1-6

Seneca - De Providentia (Sulla provvidenza)   testo latino e traduzione italiana LIBRO VI 1, 2, 3, 4, 5, 6 passim

1. 'Quare tamen bonis uiris patitur aliquid mali deus fieri?' Ille uero non patitur.

Omnia mala ab illis removit, scelera et flagitia et cogitationes inprobas et auida consilia et libidinem caecam et alieno imminentem auaritiam; ipsos tuetur ac uindicat: numquid hoc quoque aliquis a deo exigit, ut bonorum uirorum etiam sarcinas seruet? Remittunt ipsi hanc deo curam: externa contemnunt. 2. Democritus diuitias proiecit, onus illas bonae mentis existimans: quid ergo miraris, si id deus bono uiro accidere patitur quod uir bonus aliquando uult sibi accidere? Filios amittunt uiri boni: quidni, cum aliquando et occidant? In exilium mittuntur: quidni, cum aliquando ipsi patriam non repetituri relinquant? Occiduntur: quidni, cum aliquando ipsi sibi manus adferant? 3. Quare quaedam dura patiuntur? ut alios pati doceant; nati sunt in exemplar. Puta itaque deum dicere: 'quid habetis quod de me queri possitis, uos quibus recta placuerunt?

Aliis bona falsa circumdedi et animos inanes uelut longo fallacique somnio lusi: auro illos et argento et ebore adornaui, intus boni nihil est. 4. Isti quos pro felicibus aspicis, si non qua occurrunt sed qua latent videris, miseri sunt, sordidi turpes, ad similitudinem parietum suorum extrinsecus culti; non est ista solida et sincera felicitas: crusta est et quidem tenuis. Itaque dum illis licet stare et ad arbitrium suum ostendi, nitent et inponunt; cum aliquid incidit quod disturbet ac detegat, tunc apparet quantum altae ac uerae foeditatis alienus splendor absconderit.

5. Vobis dedi bona certa mansura, quanto magis uersauerit aliquis et undique inspexerit, meliora maioraque; permisi uobis metuenda contemnere, cupiditates fastidire; non fulgetis extrinsecus, bona uestra introrsus obuersa sunt. Sic mundus exteriora contempsit spectaculo sui laetus. Intus omne posui bonum; non egere felicitate felicitas uestra est. 6. "At multa incidunt tristia horrenda, dura toleratu." Quia non poteram uos istis subducere, animos uestros aduersus omnia armaui: ferte fortiter. Hoc est quo deum antecedatis: ille extra patientiam malorum est, uos supra patientiam. Contemnite paupertatem: nemo tam pauper uiuit quam natus est. Contemnite dolorem: aut soluetur aut soluet. Contemnite mortem: quae uos aut finit aut transfert. Contemnite fortunam: nullum illi telum quo feriret animum dedi.

Ora, quanto alla domanda perché mai Dio permette che ai buoni accada qualcosa di male, concluderò dicendo che in realtà non lo permette, che Egli, anzi, dal male li tiene lontani: essi infatti non compaiono delitti, non commettono infamie, non hanno pensieri malvegi, ambizioni smodate, la lussuria che accieca, l'avidità sembre bramosa dei beni altrui. Dio si prende cura dei buoni e li difende, ma si può mai pretendere che ne sorvegli pure i bagagli? Essi stessi del resto, lo dispensano dal far questo, quando non danno alcuna importanza a quei bagagli, voglio dire, alle cose sensibili e materiali. Democrito non si sbarazzò forse delle ricchezze, ritenendole un peso alla virtù? Perché dunque ti meravigli se Dio lascia che accada ad un uomo bono ciò ch'egli stesso vuole che gli accada? Gli uomini buoni perdono i propri figli. Ma se sono essi stessi che li uccidono, a volte? Sono cacciati in esilio. Ma se spesso sono loro a lasciare la patria per non farvi più ritorno? Vengono uccisi. E che? Non si tolgono forse essi stessi la vita, certe volte? Ma perché devono sopportare delle prove così dure? Per insegnare a sopportarle agli altri: "Cos'avete da rimproverarmi, voi che avete scelto la retta via?

Gli altri li ho circondati di beni falsi, avvolgendo e illudendo le loro povere menti come in un lungo e ingannevole sogno, li ho rivestiti d'oro e d'argento, ma dentro non hanno niente che valga. Guardateli nell'intimo, non nel loro aspetto esteriore, quelli che chiamate felici,e vedrete quanto siano meschini, squallidi e turpi. Come le belle pareti delle loro case: così sono fuori, ma dentro!... La loro non è una vera felicità, è soltanto una crosta, e perdipiù sottile. Per questo, finché riescono a tenersi in piedi e a mostrarsi come gli piace, abbagliano e infinocchiano gli altri, ma appena barcollano o si scoprono per qualche improvviso accidente, allora si vede quanta reale ed estesa sporcizia si nascondeva sotto quello splendore artificiale.

A voi buoni ho dato dei beni sicuri, durevoli, che quanto più si girano e si rigirano per guardarli da tutte le parti tanto più risultano splendidi e grandi; a voi ho concesso di non tenere in alcun conto le cose che agli altri fanno paura, di disprezzare le passioni. La luce vostra è di dentro, è lì che sono i vostri beni. Così l'universo non ha cura e non gioisce del suo aspetto esteriore, ma della sua intima essenza. Ogni mio bene io l'ho riposto in voi. La vostra felicità sta nel non aver bisogno di felicità. "Ma sono tanti i mali che ci colpiscono, dolorosi, terribili e duri a sopportarsi." Ed io, dal momento che non potevo privarvi di essi, vi ho dato le armi per combatterli. Sopportateli dunque con coraggio: in questo potete superare lo stesso Dio, perché Lui è al di fuori di ogni sopportazione, voi ne siete al di sopra. Disprezzate il dolore: o riuscirete a liberarvene o sarà lui a liberare voi. Disprezzate la morte: non è che una fine o un passaggio, per voi. Disprezzate la sorte: non le ho dato alcuna arma che possa colpire voi.

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