Seneca De Providentia - La Provvidenza bro VI 7-9
Seneca - De Providentia (Sulla provvidenza) LIBRO VI 7, 8, 9 passim testo latino e traduzione italiana
Ante omnia cavi ne quis vos teneret invitos;
patet exitus: si pugnare non vultis, licet fugere. Ideo ex omnibus rebus quas esse vobis necessarias volui nihil feci facilius quam mori. Prono animam loco posui: trahitur adtendite modo et videbitis quam brevis ad libertatem et quam expedita ducat via. Non tam longas in exitu uobis quam intrantibus moras posui; alioqui magnum in uos regnum fortuna tenuisset, si homo tam tarde moreretur quam nascitur. 8. Omne tempus, omnis uos locus doceat quam facile sit renuntiare naturae et munus illi suum inpingere; inter ipsa altaria et sollemnes sacrificantium ritus, dum optatur uita, mortem condiscite.
Corpora opima taurorum exiguo concidunt uulnere et magnarum uirium animalia humanae manus ictus inpellit; tenui ferro commissura ceruicis abrumpitur, et cum articulus ille qui caput collumque committit incisus est, tanta illa moles corruit. 9. Non in alto latet spiritus nec utique ferro eruendus est;
non sunt uulnere penitus inpresso scrutanda praecordia: in proximo mors est. Non certum ad hos ictus destinaui locum: quacumque uis peruium est. Ipsum illud quod uocatur mori, quo anima discedit a corpore, breuius est quam ut sentiri tanta uelocitas possit: siue fauces nodus elisit, siue spiramentum aqua praeclusit, siue in caput lapsos subiacentis soli duritia comminuit, siue haustus ignis cursum animae remeantis interscidit, quidquid est, properat. Ecquid erubescitis? quod tam cito fit timetis diu!'
Ma soprattutto ho disposto che nessuno al mondo possa costringervi ad alcunché contro il vostro volere.
Per voi sempre aperta è l'uscita verso la libertà: se ritiene di non dover combattere, servitevene. Per questo fra tutte le prove necessarie a cui ho voluto sottoporvi non ne ho fatta nessuna più facile della morte. Ho posto la vostra anima come in un pendìo, sì che, volendo, invece di salire essa possa discendere ed andarsene via. Vi basta poco per capire quanto sia breve e spedita la strada che conduce alla libertà: non ho messo all'uscita della vita tante remore quante ne ho poste invece all'ingresso, giacché troppo grande sarebbe su di voi il potere della sorte se per morire occorresse tanto tempo quanto quello che ci vuole per nascere. Ogni momento, ogni luogo v'insegni quanto sia facile ricusare la natura, sbattendole in faccia il suo dono.
Proprio là dove s'implora la vita, fra gli altari e i solenni riti sacrificali, imparate a conoscere la morte. Vedete come basti una piccola ferita per far piombare a terra un grosso toro e come un uomo con un solo colpo di mano riesca ad abbattere animali di grande forza, come una lama sottilissima sia sufficiente a spezzare la giuntura del collo e una volta recisa l'articolazione che lo connette alla testa l'intera mole del corpo precipiti giù.
non è nel profondo che si cela la vita, noon c'è bisogno di alcun pugnale per estirparla, non serve esplorarne i precordi con una lunga ferita per ritrovarne il nodo: la morte è a portata di mano, non ho designato un punto fisso e preciso ai colpi che possono provocarla, qualunque strada le è aperta. Ed è così rapido l'istante in cui la morte si realizza, quando l'anima si stacca dal corpo, ch'è impossibile coglierne la velocità. Che un cappio vi strozzi la gola, che vi soffochi l'acqua, vi si fracassi la testa sopra la dura terra o il fumo di un incendio vi blocchi il ritmo del respiro, in qualunque modo la morte si affretta verso di voi. Ed è vergogna temere per tutto il corso della vita ciò che si compie in un fiato".
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