Platone, Le leggi 742

Πρὸς τούτοις δ' ἔτι νόμος ἕπεται πᾶσι τούτοις, μηδ'ἐξεῖναι χρυσὸν μηδὲ ἄργυρον κεκτῆσθαι μηδένα μηδενὶ ἰδιώτῃ, νόμισμα δὲ ἕνεκα ἀλλαγῆς τῆς...

A tutte queste regole segue inoltre la legge secondo cui non è possibile ad alcun privato cittadino possedere oro o argento, ma solo la moneta per gli scambi giornalieri che sono necessaro agli artigiani e a tutti coloro che svolgono simili mansioni e devono pagare lo stipendio ai salariati, schiavi e stranieri.

Per questi motivi diciamo...

Se un privato cittadino ha bisogno dì recarsi all'estero, si rechi pure, sempre che abbia il permesso dei magistrati, e se, tornando a casa abbia ancora con sé danaro straniero, lo versi allo stato cambiandolo con valuta locale: e se risulta che qualcuno se ne è appropriato, gli venga confiscato, e chi è a conoscenza del fatto, ma non lo denuncia, sia sottoposto alla maledizione e all'oltraggio insieme al colpevole, ed inoltre ad una multa non minore della quantità di danaro straniero che aveva importato. Chi prende moglie o sposerà la figlia non dia né riceva affatto dote di alcun genere; nessuno poi depositi danaro presso una persona che non sia di sua fiducia, né presti danaro ad interesse, poiché è consentito a chi ha ricevuto il prestito non pagare gli interessi né restituire il capitale.

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