La Repubblica libro VIII 567b 567c

Πῶς γὰρ οὔ; Οὐκοῦν καί τινας τῶν συγκαταστησάντων καὶ ἐν δυνάμει ὄντων παρρησιάζεσθαι καὶ πρὸς αὐτὸν καὶ πρὸς ἀλλήλους, ἐπιπλήττοντας τοῖς...

"Per forza, sì". "Ma facendo questo non è facile che venga ancora più in odio [567b] ai cittadini?" "Come no?" "Quindi anche quelli che l'hanno aiutato a prendere il potere e si trovano in una posizione di forza, o almeno i più coraggiosi, parlano con franchezza a lui e tra di loro, criticando il suo operato?" "E probabile". "Perciò il tiranno deve eliminarli tutti, se vuole dominare, finché non gli rimane nessuno né tra gli amici né tra i nemici che valga qualcosa". "È ovvio". "Allora deve distinguere con acume chi è coraggioso, chi generoso, [567c] chi assennato, chi ricco;

ed è tanto fortunato che, volente o nolente, deve per forza essere nemico di tutti costoro e cospirare ai loro danni, fino a ripulire la città". "Una bella pulizia!", esclamò.

"Sì", dissi, "l'opposto di quella prescritta dai medici per il corpo: essi tolgono il peggio e lasciano il meglio, costui fa il contrario". "E a quanto pare", aggiunse, "è forzato ad agire così, se davvero vuole governare".

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