Sapiente è colui che sa di non sapere - Platone apologia di Socrate VI 21C-21E versione greco
ἀποφανῶν τῷ χρησμῷ ὅτι "Οὑτοσὶ ἐμοῦ σοφώτερός ἐστι, σὺ δ' ἐμὲ ἔφησθα. " διασκοπῶν οὖν τοῦτον ‑ ὀνόματι γὰρ οὐδὲν δέομαι λέγειν, ἦν δέ τις...
Esaminandolo con cura e discutendo con lui - non occorre far nomi, ma colui dal quale ebbi questa impressione, cittadini ateniesi, era un uomo politico - mi sembrò che quest'uomo apparisse sapiente a molti altri e soprattutto a se stesso, ma non lo fosse.
Perciò cercai di dimostrargli che si riteneva sapiente, ma non lo era. In seguito a ciò, dunque, sia a costui mi rendevo sgradito (oppure ero odiato da costui) sia a (da) molti dei presenti.
Dunque, allontanandomi, riflettevo fra me e me che io sono più sapiente di quest'uomo ed è probabile che (κινδυνεύω e infinito) infatti nessuno dei due di noi sappia qualcosa di bello e di buono, ma costui da una parte crede di sapere qualcosa di buono non sapendo (sott. nulla) io invece come in realtà non so e neppure credo, mi sembra almeno di essere più sapiente di costui, proprio per questo, seppur di poco, perché le cose che non so non penso di saperle.
Da lì andavo verso un altro di quelli che sembravano più sapienti di costui e a me parvero proprio queste stesse cose, e in seguito a ciò mi rendevo sgradito/ero odiato sia a costui sia a molti altri.
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