La solitudine del tiranno
Βούλομαι δέ σοι, ἔφη, ὦ Σιμωνίδη, κἀκείνας τὰς εὐφροσύνας δηλῶσαι ὅσαις ἐγὼ χρώμενος ὅτ' ἦν ἰδιώτης, νῦν ἐπειδὴ τύραννος ἐγενόμην, αἰσθάνομαι στερόμενος αὐτῶν....
Voglio anche - diceva - rivelarti, o Simonide, quali erano le gioie che io sperimentavano quando ero un semplice cittadino, ora dopo che e delle quali ora, poiché sono diventato tiranno, sento la mancanza essendone privato.
Io infatti ero a contatto (ξυνῆν =σύνειμι = imperfetto 3 sg.) con i miei coetanei dilettandomi e dilettandoli, mi occupavo di me stesso ogni qual volta lo desiderassi, passavo il tempo nei simposi spesso fino a dimenticarmi di tutte le cose se c'era qualche affanno nella vita umana, spesso fino a mescolare insieme l'anima con canti e con feste e con danze, spesso fino all'unione del desiderio mio e dei (compagni) presenti.
Ora invece sono privato di quanti si allietavano con me perché ho schiavi invece di amici; ...(continua)
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