Attacco degli Eburoni (Versione di latino Cesare NOVA LEXIS)
Cum se maior pars agminis in magnam convallem demisisset, ex utraque parte eius vallis subito se ostenderunt ...
Allorché il grosso del nostro esercito era ormai entrato in un'ampia valle, all'improvviso, dai fianchi della medesima sbucarono i nemici e iniziarono a premere sulla retroguardia, a impedire all'avanguardia di salire, costringendo i nostri a combattere in condizioni assolutamente sfavorevoli.
Solo allora Titurio, che nulla aveva previsto, cominciò ad agitarsi, a correre qua e là, a disporre le coorti, ma sempre impaurito: sembrava che tutto gli venisse a mancare, come per lo più accade a chi è costretto a decidere proprio mentre l'azione è in corso. Cotta, invece, che aveva pensato all'eventualità di un attacco durante la marcia e che, perciò, non era stato fautore della partenza, non risparmiò nulla per la salvezza di tutti e, chiamando e incoraggiando i legionari, durante la battaglia, svolgeva le funzioni di comandante e di soldato.
La lunghezza della colonna rendeva più difficile provvedere a tutto personalmente e impartire gli ordini necessari in ogni settore della battaglia, perciò i comandanti diedero disposizione, passando la voce, di abbandonare i bagagli e di assumere la formazione a cerchio. La manovra, anche se in circostanze del genere non è riprovevole, si risolse in un danno: diminuì la fiducia dei nostri soldati e rese più arditi i nemici, perché sembrava che fosse stata fatta per estremo timore e scoraggiamento.
Inoltre, accadde l'inevitabile: i soldati, ovunque, si allontanavano dalle insegne, ciascuno correva ai bagagli per cercare e riprendersi le cose più care, tutto risuonava di grida e pianti.
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