Cesare al contrattacco
Caesar, certior factus ab Titurio, omnem equitatum et levis armaturae Numidas, funditores sagittarisque pontem traducit atque ad eos contendit....
Cesare, informato da Titurio riguardo alle scorrerie dei Belgi, trasferisce tutta la cavalleria e i Numidi dall'armatura leggera, i frombolieri e gli arcieri, al di là del ponte, e si dirige verso di loro. In quel luogo si combatté accanitamente.
I nostri, aggredendo i nemici in difficoltà nel fiume, uccisero un gran numero di essi; (i nostri) per mezzo di una moltitudine di frecce respinsero i rimanenti, i quali, in maniera coraggiosissima, si sforzavano di passare tra i cadaveri di quelli, e dopo che ebbero accerchiato con la cavalleria i primi che erano passati, li uccisero. I nemici, quando compresero che era venuta loro meno la speranza sia di espugnare la città, sia di attraversare il fiume, e videro che i nostri non avanzavano in una posizione più sfavorevole allo scopo di combattere, e che l'approvvigionamento di grano cominciava a mancare loro, dopo aver convocato un'assemblea, stabilirono che la cosa migliore era che ognuno ritornasse nella propria patria, e che si radunassero da ogni parte per difendere coloro nel cui territorio i Romani avessero introdotto l'esercito, affinché combattessero nel proprio territorio anziché in uno altrui, e si avvalessero delle truppe del loro paese ai fini dell'approvvigionamento di grano.
A quella decisione, insieme alle restanti motivazioni, li condusse anche questa riflessione, il fatto che avevano saputo che Diviziaco e gli Edui si avvicinavano al territorio dei Bellovaci. Non era possibile persuadere costoro ad attendere più a lungo, e a non portare aiuto ai loro (alleati).
Versione tratta da De bello Gallico II, 10
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