Cicerone accetta l'esilio per salvare lo stato - sermo et humanitas versione latino Cicerone
Cicerone accetta l'esilio per salvare lo stato
versione latino Cicerone traduzione dal libro sermo et humanitas
Haec ergo cum viderem, senatum, sine quo civitas stare non posset, omnino de civitate esse sublatum; contiones haberi cotidie contra me;...
Dunque, vedendo queste cose, che il senato, senza il quale la città non può stare in piedi, (era) del tutto sottratto alla città, che ogni giorno si tenevano discorsi pubblici contro di me; che nessuno alzava una voce a favore mio e della repubblica; che le vecchie truppe di congiurati e quello sconfitto e superato nefasto manipolo di Catilina si è rinnovato sia per un nuovo capo, sia per un inaspettato cambiamento della situazione: vedendo queste cose, cosa dovevo fare, o giudici? combattere da privato in armi contro il tribuno della plebe?
I buoni avrebbero vinto i malvagi, i forti i codardi; sarebbe stato ucciso colui che con un solo rimedio poteva essere distolto dalla rovina della repubblica. Cosa dunque? Che altro era preferibile? Qualche uomo forte e di animo fiero direbbe: " Avresti dovuto resistere, opporti, andare incontro alla morte combattendo. " Su questo te, te, dico, patria, chiamo a testimone e voi, penati e dei patri, che io ho fuggito la lotta e la strage per la salvezza dei miei concittadini, che mi è stata sempre più cara della vita. Ho salvato, quindi, la repubblica con la mia partenza, o giudici:
ho allontanato la rovina, la devastazione, gli incendi, le rapine da voi e dai vostri figli con il mio dolore e il mio cordoglio, ed io solo ho salvato la repubblica per due volte, una volta con la gloria, l'altra con la mia sventura
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