Cicerone, In Catilinam, 1. 29
Si quis est invidiae metus, non est vehementius severitatis ac fortitudinis invidia quam inertiae ac nequitiae pertimescenda....
Se qualcuno ha paura dell'invidia, non bisogna temere l'invidia della severità e del coraggio più fortemente di quella dell'inerzia e dell'inettitudine.
O forse, quando l'Italia sarà devastata dalla guerra, saranno vessate le città, bruceranno i tetti, allora non pensi che sarai bruciato dall'incendio dell'invidia? Io risponderò a questo parlare santissimo dello stato e di questi uomini che avvertono questa stessa cosa nelle menti poche parole. Io, se dovessi giudicare questo ottimo a farsi, padri coscritti, cioè che Catilina sia multato con la morte, non dovrei dare a questo gladiatore l'utilizzo di una sola ora per vivere.
E infatti se gli uomini grandissimi e gli illustrissimi cittadini non solo non si contaminarono con il sangue di Saturnino e dei Gracchi e di Flacco e di parecchi uomini elevatissimi, ma conferirono anche onore, sicuramente non dovrei temere una volta ucciso questo parricida dei cittadini che nei miei confronti trabocchi una qualche invidia in futuro.
Perciò se questa incombesse su di me al massimo grado, tuttavia sarei sempre con lo stesso animo da ritenere l'invidia come la gloria preparata per la virtù, non come invidia.
(By Maria D. )
Versione tratta da Cicerone
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