Clemenza e severità - Versione di Cicerone
Clemenza e severità
Autore: Cicerone
Nec vero audiendi qui graviter inimicis irascendum putabunt idque magnanimi et fortis viri esse censebunt; nihil enim laudabilius, nihil magno et praeclaro viro dignius placabilitate atque clementia....
Non bisogna ascoltare quelli che penseranno che dobbiamo arrabbiarci duramente coi nostri nemici, e anzi lo crederanno proprio dell'uomo magnanimo e forte: nulla è più degno di lode, nulla è più degno di un uomo grande e glorioso della mitezza e della clemenza.
Fra i popoli liberi e dove esiste l’uguaglianza del diritto si deve anche esercitare l’indulgenza e quella che è chiamata impenetrabilità dell’animo, per non cadere in una suscettibilità inutile e e che crea odio, nel caso che ci adiriamo con gente che ci avvicina inopportunamente o con chi impudentemente ci fa delle richieste. E tuttavia la bontà e la clemenza devono essere elogiate al punto da poter ricorrere anche alla severità in favore dello stato, senza la quale uno stato non può essere governato.
D’altra parte ogni punizione e ogni rimprovero devono essere privi di offesa e non devono essere indirizzati all’utilità di colui che punisce o rimprovera qualcuno, ma a quella dello stato. [Si deve anche badare che il castigo non sia maggiore della colpa e che per gli stessi motivi alcuni siano colpiti, altri non vengano neppure chiamati a rendere conto. Nel punire deve inoltre essere trattenuta la collera; infatti chi si accosterà arrabbiato alla punizione non manterrà mai quella moderazione, che sta fra il troppo e il poco, che piace ai Peripatetici, e piace a ragione, a meno che essi non elogiassero l’ira e non affermassero che essa è stata concessa utilmente dalla natura.
In tutte le situazioni essa invece deve essere respinta e si dovrebbe desiderare che coloro, che sono a capo dello stato, siano simili alle leggi, che sono indotte a punire non dalla collera, ma dal senso di giustizia.
Le versioni del tuo libro senza doverle cercare?