Siamo nati gli uni per gli altri
Mundum stoici censent gubernari et regi numine deorum eundemque esse quasi communem urbem et civitatem hominum ...facile intelligitur tantam esse in nobis coniunctionem congregationemque ut ad civilem communitatem esse nati videamur.
Gli Stoici ritengono che il mondo sia governato e retto dalla volontà degli dei e che lo stesso sia come una città comune degli uomini e degli dei e che ciascuno di noi è parte di quel mondo.
Da questa cosa ne consegue che mettiamo avanti l'interesse comune al nostro. Come infatti le leggi mettono avanti al benessere dei singoli il benessere di tutti, allo stesso modo l'uomo retto e saggio, obbedendo alle leggi e non ignaro del suo dovere civile, provvede all'interesse di tutti piuttosto che a quella di uno solo o al suo. Non è più da biasimare il traditore della patria (piuttosto) che il disertore del comune interesse o benessere per il suo interesse o benessere.
Ne deriva che bisogna lodare chi va incontro alla morte per lo Stato, poiché bisogna che la patria ci sia più cara di noi stessi. E, poiché si considera disumana e scellerata l'affermazione di quelli che non rifiutano che, dopo essere morti, segua la distruzione della terra, è naturale che provvediamo a quelli che verranno dopo di noi. Da questa predisposizione degli animi è derivato che siano nati i testamenti e le raccomandazioni di coloro che muoiono.
E, poiché nessuno vorrebbe vivere in una grandissima solitudine, neppure con un'infinita abbondanza di godimenti, si comprende con facilità che in noi è tanto grande l'unione e la congregazione che sembriamo essere nati per la vita civile.
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