Cimone (versione di latino di Cornelio Nepote)
Cimone (Cornelio Nepote)
Autore: Cornelio Nepote
Cimone
Cimon, Miltiadis filius, Atheniensis, duro admodum initio usus est adulescentiae. Nam cum pater eius litem aestimatam populo solvere non potuisset ob eamque causam in vinclis publicis decessisset, Cimon eadem custodia tenebatur neque legibus Atheniensium emitti poterat, nisi pecuniam, qua pater multatus erat, solvisset.
Habebat autem matrimonio sororem germanam suam nomine Elpinicen, non magis amore quam more ductus. Namque Atheniensibus licet eodem patre natas uxores ducere. Huius coniugii cupidus Callias quidam, non tam generosus quam pecuniosus, qui magnas pecunias ex metallis fecerat, egit cum Cimone, ut eam sibi uxorem daret: id si impetrasset, se pro illo pecuniam soluturum. Is cum talem condicionem aspernaretur, Elpinice negavit se passuram Miltiadis progeniem in vinclis publicis interire, quoniam prohibere posset, seque Calliae nupturam, si ea, quae polliceretur, praestitisset.
TRADUZIONE
Cimone, figlio di Milziade, Ateniese, ebbe una prima giovinezza molto dura: siccome il padre non aveva potuto pagare allo Stato la multa fissata e per questo motivo era morto in ceppi, Cimone era tenuto parimenti in prigione e in base alle leggi ateniesi non poteva essere liberato, se non avesse pagato la multa inflitta al padre. Aveva però sposato la sorella consanguinea, di nome Elpinice, più per usanza che per amore; di fatti ad Atene è lecito sposare la sorella nata dallo stesso padre.
Un certo Callia, uomo non tanto nobile, quanto ricco, che aveva fatto molti soldi con le miniere, desideroso di sposare costei, trattò con Cimone per averla in moglie: se l'avesse ottenuta, avrebbe pagato lui la multa al suo posto. Cimone non ne voleva sapere di un tale patteggiamento, ma Elpinice disse che non avrebbe permesso che la stirpe di Mílziade si estinguesse in un carcere dello Stato, dato che poteva impedirlo e che avrebbe sposato Callia se avesse dato quello che prometteva
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