Ingratitudine degli ateniesi verso Cimone - Cornelio Nepote versione latino
Ingratitudine degli ateniesi verso Cimone Versione di latino di Cornelio Nepote LIBRO N. P.
Qua victoria magna preda potius cum domum reverteretur, quod iam nonnullae insulae propter acerbitatem imperii defecerant, bene animatas confirmavit, alienatas ad officium redire coegit....
Impadronitosi di un grande bottino con quella vittoria, quando tornò in patria, poiché alcune isole si erano ribellate a causa della durezza del dominio ateniese, riconfermò (il potere) su quelle ben disposte, e costrinse le ribelli a ritornare al dovere.
Spopolò Sciro, che a quel tempo era popolata dai Dolopi, perché (essi) si erano comportati con eccessiva superbia, cacciò dalla città e dall'isola i vecchi abitanti e divise i campi tra i concittadini, con il suo arrivo (appena arrivato) sbaragliò gli abitanti di Taso, fiduciosi nella loro ricchezza.
Da quel bottino, fu decorata la rocca di Atene, che volge a mezzogiorno. E per questi motivbi, godendo più di chiunque altro della massima reputazione, caddè nella medesima disgrazia che ci fu per suo padre e per tutti gli altri governatori ateniesi. Onfatti con i voti dei cocci, che quelli chiamano "ostracismo", venne multato con dieci anni di esilio. Di questo fatto si pentirono prima gli Ateniesi che lui stesso. Infatti essendo sottostato con grande coraggio alle calunnie degli ingrati cittadini e avendo dichiarato guerra agli Spartani, subito conseguì il rimpatrio del suo noto coraggio e così dopo il quinto anno che era espulso venne richiamato in patria.
Egli, poiché si serviva dell'ospitalità degli Spartani, ritenendo più opportuno rimanere a Sparta, si allontanò di sua spontanea volontà, e conciliò la pace tra le due potentissime civiltà.
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