Rettitudine di Tito Pomponio Attico (Versione latino Nepote)
Rettitudine di Tito Pomponio Attico Autore: Cornelio Nepote
Titus Pomponius Atticus mendacium neque dicebat neque pati poterat. Itaque eius comitas non sine severitate erat neque gravitas sine...
Tito Pomponio Attico non diceva (mai) menzogne né poteva sopportarle. Così la sua affabilità non era scevra da severità, né la sua serietà senza cordialità;
sì che difficilmente si capiva, se gli amici lo amassero o rispettassero di più. Di qualunque cosa fosse richiesto, era molto cauto nel promettere, perché riteneva che fosse di persona non liberale ma leggera promettere quello che non si può mantenere.
Ma poi nel mantenere quello che avesse una volta accordato, metteva un tale impegno, da sembrare che trattasse non un affare affidato da altri, ma suo proprio. Mai ebbe a pentirsi di un impegno preso; riteneva infatti che in quella faccenda fosse in giuoco la sua riputazione, che era la cosa a cui teneva di più. Così egli si trovò a dover trattare tutti gli affari dei Ciceroni, di M. Catone, di Q. Ortensio, di A. Torquato, inoltre di molti cavalieri romani.
Dal che si può giudicare che non tanto per pigrizia, quanto a ragion veduta egli abbia evitato l'amministrazione dello Stato.
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