Il cervo alla fonte

Versione da Littera Litterae Pagina 235 Numero 3

Questa storia afferma che le cose che hai disprezzato, spesso si rivelano più utili delle cose lodate.

Un cervo, dopo aver bevuto, si fermò presso la fonte e vide la sua immagine nell’acqua. Qui mentre guardandole loda le corna ramificate e denigra l’eccessiva sottigliezza delle zampe, subito atterrito dalle voci dei cacciatori cominciò a fuggire attraverso il campo ed evitò i cani con una corsa leggera.

Allora la selva riceve l’animale, nella quale trattenuto dalle corna impigliate cominciò ad essere lacerato dai feroci morsi dei cani. Allora si dice che morendo abbia pronunciato questa frase:

“O me infelice, che soltanto ora capisco quanto mi furono utili quelle cose che avevo disprezzato e quanto motivo di dolore abbiano avuto quelle cose che avevo lodato.”

Versione latino a colori

Cervus quondam propter aestivum tempus siti compulsus in planum descedit. Cum ad aquosum fontem venit, sub alta populo restitit atque sitim multa aqua placavit....

Una volta un cervo, a causa della stagione estiva, spinto dalla sete, scese in pianura. Quando giunse presso una limpida sorgente, si fermò sotto un alto pioppo e placò la sete con molta acqua.

L'animale, mentre beveva, vide il suo riflesso nell'acqua: mentre loda molto la bellezza delle corna ramose, biasima invece l'eccessiva gracilità delle zampe. All'improvviso sentì le voci dei cacciatori e fu spaventato dai cani che latravano. Preso dal terrore, procedette correndo per la pianura.

Grazie alle zampe esili ma veloci schivò i cani dei cacciatori con grande rapidità e si mise al sicuro tra gi alberi di un vicino bosco. Poco dopo, poiché sentì i cani che abbaiavano e si avvicinavano di nuovo, cercò di salvarsi con la fuga. Tuttavia ciò non avvenne felicemente: il cervo fu trattenuto in mezzo al bosco poiché fu ostacolato dalle corna tra i fitti rami degli alberi. Allora fu catturato dai cacciatori e dilaniato dai cani feroci.

Lo sventurato animale, poiché percepì prossima la morte, mentre spirava, emise tristi parole: «0 me sventurato! Ora finalmente capisco la mia follia: io, sciocco, ho disprezzato le zampe, che mi sono state utili in ogni occasione, e ho lodato le corna che sono state per me causa di una morte atroce».

Versione da il latino di Base

inizio: STULTI UTILIA CONTEMNENTES, INUTILIA... fine: ...CAUSA PERNICIEI MEAE FUERUNT

Gli stupidi disprezzando le cose utili e lodando (le cose) le inutili incorrono spesso nella rovina.

Di questo ci avverte il poeta Fedro in una favola nota: Un tempo un cervo arrivò ad una fonte e vide la sua immagine nella chiarezza dell'acqua. Qui mentr lodava le corna ramose e disprezza val'eccessiva sottigliezza delle gambe, improvvisamente risuonarono voci di cacciatori ed il latrato dei cani in arrivo.

Allora il cervo impaurito corso per la radura ricercando la salvezza nella fuga e grazie alla corsa veloce ingannò i cani e arrivò nella foresta. Ma qui i rami degli alberi trattenevano le corva del cervo e presto i cani lacerarono le sue carni con crudeli morsi.

Allora il misero cervo allontanandosi dalla (sua) vita fra i gemiti affermò: " Quanto sono stato stolto! Le gambe che avevo disprezzato mi sono state utili, (mentre) le corna che invece avevo lodato sono state la causa della mia rovina. "

Versione da Lingua Viva

Un cervo, dopo che aveva bevuto restò fermo nei pressi di una sorgente e nell'acqua vide la propria immagine.

Mentre elogia le corna ramificate e biasima l'eccessiva gracilità delle zampe, all'improvviso sopraggiungono i cacciatori con i cani e il pavido animale viene spaventato.

Il cervo fuggì attraverso i campi ed evitò i cani. A questo punto lo accoglie il bosco: ma i rami degli alberi trattengono le lunghe corna e bloccano il cervo. Presto lo sventurato animale viene dilaniato dai cani crudeli.

Allora disse il cervo: "Oh me sventurato, che ora alla fine capisco: biasimai le zampe ma la loro utilità fu grande, elogiai le corna ramificate che ora sono la causa della mia morte".

La versione latina nel biennio

Omnibus pueris nota est Phaedri fabella de cervi vanitate .Cervus quondam, qui ad fontem venerat, effigiem suam intentis oculis in aqua...

Tutti i bambini conoscono la favoletta di Fedro intitolata "La vanità del cervo". Una volta un cervo che, spinto dalla sete, era andato ad una fonte, osservando la sua immagine, elogiava con ammirazione le sue corna ramificate e biasimava l'eccessiva gracilità delle sue gambe.

Improvvisamente spaventato dalle grida dei cacciatori e udendo l'abbaiare dei cani, incominciò a fuggire per la pianura e in breve tempo grazie alle sue gambe esili si, ma veloci, sfuggi ai cani e si mise in salvo in mezzo agli alberi del bosco vicino.

Poco dopo udendo abbaiare i cani ed avvicinarsi di nuovo, tentò di cercare la salvezza con la fuga; ma i rami fitti trattenendo le corna impedirono al cervo di fuggire.Catturato dai cacciatori e dai cani, morendo con voce flebile parlò così:

"O me infelice: ho disprezzato le zampe e le zampe sono state la mia salvezza; ho molto elogiato le corna e le corna sono state la causa della mia morte".

Dal libro Moduli di Lingua latina (italiano - latino)

Cervus, ut placaret sitim, constitit apud fontem et in aqua vidit suam imaginem repercussam.

Tum, tamquam spectans in speculum, laudabat ramosa cornua et fortia, sed virtuperabat exilitatem et fragilitatem pedum. Se, improviso; audivit latratus canum et voces venatorum ; inde ut effugeret periculo, terrens, fugit cursu agili.

Ita, vitans canes, pervenit in saltum densum, ubi confidebat salutem. Sed impediens a cornibus longis retentis in ramis arborum, sensit morsus canum ferocium. Tum spirans flatum extremusmdixit: "Sum infelix!

Nunc demum intellego utilitatem meum genuum. Ante cotra contempseram. Cornus, quae laudaveram, invecem nunc sunt causa mei flectus, meae tristitiae et meae ruinae "

Dal libro Facile discere

Postquam ex fonte biberat, cervus in liquore effigiem suam vidit. Ibi, dum ramosa ....

Dopo aver bevuto alla fonte, un cervo vede la sua immagine nell'acqua. Lì, mentre loda le corna ramificate e biasima l'eccessiva esilità delle zampe, improvvisamente udì le voci dei cacciatori: spaventato fuggì per i campi e schiva i cani con l'andatura veloce.

Poi entrò in un bosco ma le corna restarono impigliate nei rami e impedirono la fuga; i cani con feroci morsi dilaniarono il cervo.

Moribondo, il cervo disse: "Ora finalmente capisco la verità! Avevo disprezzato le zampe, ma mi erano utili; lodavo le corna ramificate, ma mi hanno causato la morte!"

Libro Latino Laboratorio 1

Una volta un bel cervo, dopo che aveva bevuto a una fonte, si fermò e vide la sua immagine nel limpido specchio delle acque.

Mentre là, osservando le sue corna ramose, le lodava con veemenza e rimproverava l'eccessiva sottigliezza delle sue zampe, subito fu atterrito da voci di cacciatori e latrati di cani. Preso dalla paura, immediatamente fuggì per i campi ed eluse con un'agile corsa i cani dei cacciatori.

In quel momento la foresta fece prigioniero ed egli fu dilaniato a morsi. Allora esalando l'ultimo respiro emise questa voce. "0 me infelice! Soltanto ora capisco: io, stolto, disprezzai le mie zampe, ma quelle mi erano state spesso tanto più utili, e ora le corna che avevo lodato sono causa della mia fine". Così anche gli uomini spesso lodano le cose inutili mentre disprezzano quelle utili.

Libro Cotidie discere 1

Un volta un cervo, oppresso dal caldo pomeridiano, era affaticata dalla sete....

Dal libro Navigare

Spesso gli uomini stolti lodano le cose inutili, mentre invece disprezzano le cose utili. Un cervo, avendo bevuto, si fermò presso la fonte e vide nell'acqua la sua immagine.

Qui mentre ammirandole lodava le corna ramose e disprezzava la troppa magrezza delle zampe, udì improvvisamente le voci dei cacciatori e il latrato dei cani..Atterrito cominciò a fuggire per i campi e con corsa leggera eluse i cani.

Ma dopo essere entrato nella .i rami degli alberi gli trattennero le corna,e bloccato dalle corna,i cani lo sbranarono coi denti e lo uccisero.Allora il cervo mentre era dilaniato dai morsi esclamò"0 me infelice, ora capisco, quanto mi siano state utili le zampe e che invece le corna (fossero) causa di disgrazia!

Dal libro Matrix

Gli uomini disprezzano stoltamente spesso le cose utili e lodano le cose belle: ne è testimone la favola.

Un volta un cervo, oppresso dal caldo pomeridiano, era affaticata dalla sete. Si avvicinò in una pianura dove scorreva una limpida fonte. Dopo che bevve, restò e vide riflessa la sua immagine nel lago. Qui ammirava e lodava le sue ramose corna per la bellezza, al contrario disprezzava le sue gambe per l'eccessiva magrezza.

E subito risuonò con strepito dei cacciatori e con i latrati dei cani. Per il terrore e la paura il cervo iniziò a correre, con corsa leggera, eluse i cani. Dopo l'animale si rifugiò nel bosco di querce, ma, poiché i rami degli alberi impedivano le corna e la trattenevano, fu raggiunta dai cani dei cacciatori e iniziò ad essere lacerata dai morsi crudeli.

Allora la povera già moribonda con flebile voce disse: 0 me infelice! Ora capisco finalmente il genere vano delle cose, infatti ho disprezzato le cose utili, ho lodato invece le inutili.

Libro Omnibus

Ad fontem cervus, cum bibisset, restitit et in liquore vidit effigem suam. ibi laudabat mirans ramosa cornua, .....

Un cervo, dopo aver bevuto, si fermò davanti alla fonte e nell'acqua vide la sua immagine.

Lì lodava ammirato le corna ramificate, ma disprezzava le zampe assai gracili Improvvisamente udì latrati e voci di cacciatori. Spaventato eluse il pericolo con un'agilissima corsa per il campo e, poiché era più veloce dei cani, si rifugiò nella vicina selva.

La selva, con i serratissimi rami, trattenne le corna e impedì la fuga del cervo. Allora accorsero i cani e con ferocissimi morsi dilaniarono il povero cervo. Allora, morendo, il cervo disse:

"Oh, infelicissimo me! Ho disprezzato le zampe e le ginocchia, ma sono state più utili delle corna!". Anche gli uomini spesso lodano le cose letali e disprezzano cose più utili.

Dal libro Parva mora

Cervus siti opprimitur et montes peragrat, tandem fontem videt. ...

Un cervo è tormentato dalla sete e vaga per i monti, finalmente vede una sorgente. Mentre immerge la bocca nella liquida acqua e cerca di cacciare la sete con avide sorsate, vede la sua immagine.

Insuperbito, loda le corna, ma disprezza la gracilità delle zampe. Ma all'improvviso appaiono cani e cacciatori, perciò il cervo si spaventa molto e prende la fuga. Con l'agilità delle zampe schiva i cacciatori, ma le corna ramificate s'impigliano ai rami e bloccano la corsa.

Il cervo dice: "Ahimè, sono uno sciocco: lodo le cose che mi uccidono e disprezzo quelle che mi salvano". La povera bestia non può evitare l'attacco dei cani:

essi infatti straziano il cervo con i loro denti. Così le corna sono causa di una morte funesta.

Dal libro Il Tantucci Plus

Cervus quondam ad fontem pervenit, quia ...

Un giorno un cervo giunse ad una fonte, poiché ardeva per la sete. Con occhi attenti osservò la sua immagine nell'acqua: riteneva meravigliose le corna ramose e si vantava molto; ma era addolorato dall'eccesiva gracilità delle zampe.

All'improvviso sentì le voci dei cacciatori e il latrato dei cani ed è terrorizzato: inizia una fuga per il campo e in breve tempo, grazie alle rapide zampe, sfuggì ai cani e si rifugiò in un luogo sicuro tra gli alberi di un vicino bosco.

Ma in seguito, poiché i cani si avvicinavano di nuovo, cercò nuovamente la salvezza con la fuga. Ma le corna si impigliarono nei fitti rami e si opposero alla fuga del cervo. Alla fine il cervo fu catturato dai cacciatori e dai cani e lamentò la sua sorte con poche parole:

«Invero mi è toccato un destino infelice, come ora ho capito: ho disprezzato le zampe, ma grazie alle zampe ho ottenuto la salvezza; vantavo molto le corna, ma le corna mi hanno procurato la morte».

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