Il soldato e la vedova - Versione latino Fedro

Per aliquot annos quaedam dilectum virum Amisit et sarcophago corpus condidit; A quo revelli nullo cum posset modo Et in sepulcro lugens vitam degeret, Claram assecuta est famam castae virginis....

Una donna perse il marito che aveva amato per parecchi anni e ne seppellì il corpo nel sarcofago; poiché non c'era modo di staccarla dal sepolcro dove trascorreva in lacrime la vita, conseguì chiara fama di vergine casta.

Frattanto alcuni che avevano saccheggiato il tempio di Giove, pagarono con la crocifissione la loro colpa contro la divinità. Perché nessuno potesse portare via le loro salme, furono posti dei soldati a guardia dei cadaveri proprio vicino al monumento sepolcrale dove si era chiusa la donna. Avvenne che una delle guardie, colta dalla sete, nel cuore della notte andò a chiedere dell'acqua alla servetta, che per l'appunto, in quel momento, accudiva alla sua padrona in procinto di andare a dormire; aveva infatti tenuto la lucerna accesa e aveva prolungato la veglia sino a tardi.

Dai battenti appena socchiusi il soldato allunga lo sguardo e vede la donna dolente e di bell'aspetto. Il suo cuore ne è subito rapito, prende fuoco e a poco a poco arde la sua voglia impudica. Con ingegnoso acume trova mille pretesti per poterla vedere più spesso. E lei, conquistata da quel rapporto quotidiano, si fece via via più compiacente con l'estraneo; ben presto un'unione più stretta le avvinse l'animo.

Mentre il custode diligente passa qui le notti, viene a mancare un corpo a una delle croci. Il soldato, sconvolto, espone il fatto alla donna. E la santa donna dice: «Non hai nulla da temere», e gli consegna il corpo del marito da affiggere alla croce perché lui non sia punito per la sua negligenza. Così l'infamia subentrò alla lode.

Da altro libro

Qualche anno addietro in Efeso una donna perse il marito, l'uomo prediletto, e posto il corpo suo dentro un sarcofago, di lì non si poteva distaccare in alcun modo: alla tombale stanza trascorreva piangendo la sua vita cosicché conseguì fama squisita di casta vedovanza.

Uomini che in quel tempo erano stati ladri al tempio di Giove, su la croce soddisfecero al nume, conficcati; e affinché niuno togliere potesse ciò che alla morte avanza, presso la tomba ove la donna stava reclusa, la milizia sui cadaveri si pose in sorveglianza. Era notte alta e avvenne che un custode, assetato, chiese acqua alla ragazza che accudiva in quel mentre la signora disposta infine al sonno dopo lunga vigilante costanza: sì che l'altro dall'uscio sogguardò e scorse la dolente femmina, molto bella di sembianza.

Cuore sorpreso subito s'accende, quindi soavemente appassionato arde in concupiscenza; e scaltro e pronto inventa mille scuse per veder più sovente la vedova. Costei di quell'estraneo, per sì diuturna usanza man man s'accende alquanto: infin le avvinse il cuore una più stretta vicinanza.

Mentre il custode impiega ivi sue notti con premura, la salma d'una croce viene a mancare. Se ne turba il milite, e la cosa racconta a la sua ganza. Ma ella, santa ganza, risponde: «Mica c'è di che temere!» e il corpo del marito, da configgere su la croce gli dà, cosicché si eviti il castigo per lui di trascuranza. Si ebbe così l'infamia invece d'onoranza.

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